Superman: L'ascesa di Leviathan, la recensione
Superman: L'ascesa di Leviathan è un one-shot solido e ben disegnato, in grado di introdurci nelle atmosfere del prossimo evento della DC Comics
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Tra le pubblicazioni proposte da Panini Comics per la nuova era DC Comics in Italia, troviamo anche DC Crossover, testata ombrello che raccoglierà tutti gli eventi che costituiranno la spina dorsale dell’universo narrativo della casa editrice di Burbank. L’esordio presenta Superman: L’ascesa di Leviathan, speciale che ha il compito di introdurci alla miniserie Evento Leviathan.
In questo primo albo, troviamo diversi elementi che dovrebbero essere presenti in un albo così concepito: intrighi internazionali, colpi di scena, thrilling e mistero; il tutto viene sapientemente inserito in un un one-shot solido, ben strutturato che saprà trasmettervi sin da subito le suggestioni dell’evento. Poco importa se non avete fin qui seguito le testate dell’Azzurrone, la lettura di L’ascesa di Leviathan scorre piacevole ed estremamente coinvolgente, magnetica dalla prima all’ultima pagina e quei pochi aspetti legati alle trame precedenti vengono compensati dagli ottimi editoriali in coda allo spillato.
Alla lunga, però, emerge un altro aspetto di questo speciale che promette di rendere unico l’evento, ovvero la volontà di Bendis di impostare la storia come un’indagine giornalistica, sfruttando la professione di Clark e Lois. Se confermata, questa impostazione renderebbe sicuramente tutto più originale e intrigante, diverso dalle solite scazzottate tra supereroi che si ritrovano a fronteggiare una minaccia comune.
Inoltre, troviamo sempre eccezionale la maniera con cui lo scrittore di Superman gestisce le scene di dialogo: pungenti, sarcastiche, ficcanti, le battute si susseguono incessanti a rendere vivaci queste fasi dell’albo. Trattandosi di una storia che poggia prevalentemente su questo tipo di sequenze, il poter contare sulle abilità di Bendis rappresenta un punto di forza non da poco.
Infine, al tavolo da disegno troviamo un ispiratissimo Yanick Paquette, autore di una prova davvero convincente. La sua linea morbida esalta l’espressività dei primi piani, scandendo e accompagnando lo sviluppo della vicenda con precisione. Non mancano frangenti in cui l’esplosività delle anatomie rende vibranti le poche sequenze concitate, ma in generale la prova dell’artista canadese si impone per la recitazione dei personaggi e la precisione con cui ogni emozione viene impressa su carta.
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