Supergirl 3x21, "Not Kansas": la recensione

La nostra recensione del ventunesimo episodio della terza stagione di Supergirl, intitolato "Not Kansas"

Condividi
Grazie al minerale alieno recuperato nella città kryptoniana di Argo, Supergirl e Mon-El riescono a separare Reign da Sam, con la preziosa collaborazione di Lena.

Tutto sembra dunque essere finito per il meglio, e così Kara decide di abbandonare una Terra finalmente pacifica, per tornare tra la sua gente, e da sua madre, in compagnia del daxamita.

Poco dopo, però, a National City compare un nuovo misterioso criminale armato che minaccia l'incolumità della gente, cosa che costringe J'onn a prendere una difficile decisione.

Nuovamente, ci troviamo in una posizione scomoda e difficile, dopo la visione di Not Kansas, ventunesimo e terzultimo episodio della terza stagione di Supergirl. È davvero difficile anche solo comprendere la logica dietro questa annata dello show, davvero sofferta, ma soprattutto ondivaga. La scorsa settimana eravamo stati testimoni di una sostanziale e convincente ripresa per la serie TV, con un episodio che aveva riportato un'atmosfera affascinante nella storia, oltre ad aver dato una nuova direzione - potenzialmente vincente - alla trama. Oggi siamo ritornati in un limbo privo di ogni sostanza: per chi ha l'onere di dover valutare show di questa natura si ha sempre il dovere di contestualizzare la propria prospettiva in funzione dell'audience a cui questi sono riservati, non perdendo contemporaneamente la propria onestà intellettuale. Se valutassimo qualsiasi serie TV dell'Arrowverse con lo stesso spirito critico di un film di Alejandro González Iñárritu, regista maniacale per ciò che concerne scenografia e fotografia (nonché molto avverso alla figura del super eroe), per dirne uno, dovremmo catalogare tutto sotto un generalissimo: "che schifo". Fortunatamente, però, non è questo il caso. Partendo dalle premesse del suddetto "spiegone", però, non possiamo esimerci da "dare a Cesare quel che è di Cesare", affermando come Not Kansas sia un episodio contraddistinto da una storia stupida e priva di ogni logica, ma solo vittima di una bieca pretestuosità che se ne frega dello spettatore che, per affezione (o per lavoro), ogni settimana dedica quasi un'ora del suo tempo a Supergirl.

Andiamo, però, con ordine: dopo il cliffhanger dello scorso episodio, che vedeva iniziare lo scontro tra Supergirl, Mon-El e Reign, ecco che quel buon climax narrativo viene risolto frettolosamente, nei pochi minuti che servono per concludere, momentaneamente e per l'ennesima volta, la storyline legata alla Wordkiller. Tutto risolto a "tarallucci e vino", benissimo. Dopo la vittoria, Supergirl saluta il mondo nel quale vive da anni e dove ha incredibili super poteri per fare ritorno a una casa dove adesso è sostanzialmente un'estranea. Discutibile, ma al cuore non si comanda. Sarebbe tutto giustificabile se poi, alla fine, non avessimo conferma del ritorno della minaccia dei Wordkiller sulla Terra: rimuovere - nuovamente - Kara dall'equazione è stato dunque solo un "trucchetto", piuttosto dozzinale e infame. Che scempio.

A tutto questo si aggiunge un'importante tematica sociale, quella del controllo delle armi, che spunta dal nulla come un fungo in uno show che determinati aspetti li aveva quasi sempre e volentieri evitati. Si tratta di una problematica attuale e molto sensibile negli Stati Uniti, come dimostra l'ennesima tragedia consumatasi a Santa Fe, in Texas, appena un paio di settimane fa. E trattarla con una tale superficialità, nonostante l'epilogo anche apprezzabile, non è che sia proprio il massimo, poiché dà naturalmente la sensazione di poter risolvere una situazione estremamente complessa, anche qui, in in quattro e quattr'otto. Se le cose si fanno, si devono fare bene. O almeno, bisogna provarci.

In assenza di elementi "trivia", chiudiamo qui la recensione di Not Kansas, una scempiaggine come poche nella storia dell'Arrowverse.

Continua a leggere su BadTaste