Imparare dai propri errori. Potrebbe essere questa la chiave di lettura della seconda puntata di
Supergirl, che lunedì scorso ha esordito
ottenendo il miglior debutto della nuova stagione nonostante l'episodio pilota fosse già finito in rete a maggio 2015. In merito a questo leak sono stati spesi fiumi di parole: in molti hanno ipotizzato che l'incidente fosse stato organizzato dalla produzione stessa per testare i riscontri prima della messa in onda, idea supportata per non dire confermata da
Stronger Together, un episodio che ha saputo tenere il meglio del pilota cercando di correggere sul nascere quei punti deboli che rischiavano di affossare prematuramente lo show. Peccato che tutto ciò non sia bastato a rendere Supergirl qualcosa di più che una brutta copia di
The Flash, che almeno ha il pregio di avere una fotografia televisiva quantomeno ben realizzata, cosa che non si può dire per quanto riguarda la serie sulla cugina dell'Uomo d'Acciaio (a tratti ci sembrava di essere davanti a una pubblicità di un dentifricio da quanto era patinata). La trama dell'episodio è infatti identica a quella delle prime puntate del serial sul velocista scarlatto e, se non ci credete, basta analizzarla velocemente.
Dopo aver appreso dei suoi nuovi poteri, Kara (Melissa Benoist) inizia il suo addestramento per cercare di padroneggiarli al meglio, guidata in questo da sua sorella Alexandra (Chyler Leigh) e dal team della D.E.O. (il cui leader si rivelerà quasi sicuramente essere uno dei futuri avversari della supereroina). Inizialmente la ragazza fa più danni che altro, ma in seguito ad un illuminante discorso dell'acidissima Cat Grant (Callista Flochart), direttrice del CatCo di National City, capisce che è meglio iniziare a fare del bene dal basso piuttosto che intraprendere missioni ad alto rischio. Con l'aiuto dei colleghi James Olsen (Mehcad Brooks) e Winn (Jeremy Jordan), già pronti a contendersi la bionda kryptoniana nelle prossime puntante dello show, Kara comincia a farsi apprezzare e amare dalla popolazione, processo che culminerà con il rilascio dell'intervista tanto voluta dalla Grant a fine episodio.
La parte migliore di questa serie si conferma essere il rapporto tra Kara e la sua famiglia, adottiva e non.
É lampante come tutto ciò ricordi le vicende iniziali del Barry Allen di Grant Gustin, ovviamente con le dovute, leggere, piccole differenze del caso. Se non fosse che la mente dietro a Supergirl è lo stesso
Greg Berlanti che ideato
Arrow e The Flash, si potrebbe quasi pensare che il serial sulla Ragazza d'Acciaio sia uno plagio di quest'ultimo. La parte migliore di questa serie si conferma essere il rapporto tra Kara e la sua famiglia, adottiva e non. In questo episodio, la ragazza ha infatti avuto un faccia a faccia con sua zia
Astra (Laura Benanti), principale villain di questa prima stagione dello show, pronta a vendicarsi sulla nipote per essere stata rinchiusa nella prigione di
Fort Rozz da sua sorella gemella
Alura (interpretata nei flashback dalla stessa Benanti). Lo scontro tra le due sembra essere stato anticipato rispetto ai piani iniziali, permettendo al telefilm di mettere subito carne a fuoco senza perdersi troppo con i "cattivi della settimana", come l'inutile e alquanto patetico
Hellgrammite (Justice Leak) di questa puntata, sconfitto da Alexandra con un calcio dove non batte il sole come il più comune dei bulletti del liceo.
Nonostante i continui rimandi al mondo dell'azzurrone di Metropolis, all'accenno allo straordinario personaggio di Maxwell Lord (Peter Facinelli) e alla futura trasformazione di Hank Henshaw (David Harewood) nel temibile Cyborg Superman, con Stronger Together Supergirl continua la sua discesa verso la mediocrità delle serie televisive teen degli ultimi anni, rischiando seriamente la cancellazione qualora non si optasse per un repentino cambio di rotta. Certo, la situazione potrebbe essere salvata in extremis da un qualche coinvolgimento del personaggio con l'universo condiviso di Arrow e The Flash, ma arrivare a questa soluzione significherebbe mettere ancora più in evidenza le carenze di show che sembra non essere in grado di reggersi sulle proprie gambe.