Super Smash Bros. Ultimate è il più grande festival della mazzata - Recensione
La rissa Nintendo al suo picco: la recensione di Super Smash Bros. Ultimate
Con una simile premessa è facile capire subito quanto il gioco sia maestoso, è perfettamente inutile rimandare alle ultime righe di questa recensione tale affermazione, perché sorge immediato il bisogno di provarne a descriverne le dimensioni. Provare appunto, perché al contrario di quanto stabilisce il famoso dettato del maestro Yoda (“Fare, o non fare. Non c'è provare”) è difficile far capire quanto Super Smash Bros. Ultimate sia grosso. Potremmo affidarci ai numeri, ma sarebbe in realtà totalmente inutile, perché non è quantitativamente che si può stabilire la qualità dell'operato di Nintendo. 74 personaggi non vuol dire nulla: dice molto di più 74 personaggi estremamente diversi da giocare, persino quelli Echo, versioni alternative di alcuni componenti del roster, hanno un feeling diverso rispetto a quello di riferimento, utilizzare Simon Belmont o Richter non è assolutamente la stessa cosa (a proposito: benvenuti!). Dice praticamente tutto l'evidentissima cura che è stata infusa nella realizzazione di ognuno di essi, rilevabile non solo da moveset che sfruttano in maniera intelligente elementi dell'immaginario dal quale ogni singolo personaggio proviene, ma anche da animazioni che con pochi tocchi ne connotano la personalità (provate tutte le taunt di ognuno per averne una lucente conferma) e da quella valanga di tocchi di classe che di come lavorino Sakurai e il suo team sono il biglietto da visita (tanto per rimanere ai Belmont, afferranno gli avversari uomini per il petto, le donne per il bavero: che signori!).
Mettere insieme tutta questa valanga di tizi più o meno conosciuti (alcuni lo sono diventati più grazie a Super Smash Bros. che ai videogiochi dei quali sono protagonisti, chiedere a praticamente quasi tutti quelli di Fire Emblem) in arene a tema, che offrono delle riproduzioni in scala, praticamente dei diorami, di videogiochi o intere serie, utilizzandone vari elementi definitori non solo come ornamenti ma come soluzioni di gameplay, funzionava alla grandissima nel 1999 e continua a farlo anche oggi. Tutta la sua filosofia, un po' caciarona ma per niente arraffazzonata, si esplica nell'azione che è la chiave di volta del tutto, lo Smash appunto, perché per i pochi che non lo sapessero qui non si punta a svuotare la barra di energia del proprio avversario, ma a spararlo fuori dal ring (a destra, a sinistra, in alto, in basso) e lo Smash è la mossa ideale per farlo (dopo averne fatto salire a furia di mazzate la percentuale di “sparamento”), che anche nella sola esecuzione, con quello scatto dello stick analogico sinistro e la pressione del tasto A, descrive un gameplay furioso ma allo stesso tempo tecnico. Il godimento derivante dallo sparare fuori il proprio avversario dopo un match serrato è fisico, e spesso accompagnato, soprattutto nelle partite multiplayer in locale, da bestiali ruggiti.
La stella della speranza è altra cosa, è un'avventura enorme che si dipana attraverso un mondo di uguali dimensioni, nel quale si procede sconfiggendo Spiriti in battaglie che sono sempre diverse, perché ogni spirito è una figurina di un personaggio videoludico e affrontarlo significa combattere contro un componente del roster con una variabile che lo fa assomigliare ad esso. Le combinazioni sono quindi infinite, il fatto che ogni spirito sia arruolabile e che sia possibile farlo salire di livello, abbinando la sua potenza a quella del personaggio, produce un meccanismo assuefacente e ottenerne di particolari significa sbloccare l'accesso a nuove aree, a nuove sfide, a nuovi personaggi da salvare, a boss da sconfiggere, prima di combattere il boss finale. Non è quanto basta a evitare, sul lungo periodo, una certa sensazione di ripetitività, mancando anche un supporto narrativo di qualunque tipo (niente scene di intermezzo o altro), ma ore e ore divertenti di gioco sono garantite.
Vista la sua mole Super Smash Bros. Ultimate si può permettere anche di perdere qualcosa per strada in termini di modalità (la mancanza dell'Home Run Contest grida vendetta) senza venirne danneggiato. E poi c'è l'online, non sempre fluidissimo, dalle opzioni basilari ma comunque affidabile. Semplicemente, è la più grande delle risse Nintendo, persino straripante nella selezione di personaggi, ambientazioni e brani, che sono quanto di più ne definisce la natura. Così, nel bel mezzo di festival delle mazzate tanto belli da giocare quanto da vedere potrà occasionalmente venire fuori una piccola domanda, “e dopo Ultimate?”, ma l'interrogativo sarà subito sparato via da un roboante Smash.