Sulle nuvole, la recensione
Un musicista autodistrutto, piegato dall'alcol, torna a Roma, nel cuore delle sue ossessioni, a casa del suo amore, ma tutto è cambiato, forse anche lui
“La musica e tutto quel mondo tirano fuori il peggio di me”, in questa frase pronunciata a un certo punto da Nick Vega, musicista autodistruttosi anni prima dopo un momento di grande successo nazionale, c’è lo spunto per un gran film, cioè l’idea che è esattamente ciò che sai fare meglio e ciò che ti può salvare a costituire la tua maledizione e ciò da cui devi stare lontano. Peccato che Sulle nuvole sembri non rendersene conto. Perché per quanto tutta la sua storia giri intorno a uno strano ritorno di Nick Vega, esiliatosi in miseria a Livorno, tornato a Roma per un lavoro da poco e preso da vecchi amori e alcol, vecchie dinamiche con case di produzione e nuove canzoni a sorpresa, lo stesso la concentrazione del film non è tanto sul rapporto distruttivo con quello che pare un destino scritto (la musica) ma sulla storia d’amore con una musa che non vuole più esserlo (forse).
Era facile aspettarsi dal musicista Tommaso Paradiso una storia centrata su dinamiche che conosce bene, cosa che Sulle nuvole a prima vista potrebbe sembrare. Nella realtà invece è un film che potrebbe fare chiunque, ha i meccanismi del successo (nello specifico del singolo brano di grande successo) solo nello sfondo, mentre parla di amori passati che forse ripartono e in fondo non sono mai finiti. Un triangolo tra tre personaggi di cui ci importa pochissimo perché non siamo mai partecipi di nessuno dei 3 drammi che lo compongono, né temiamo per la carriera di Nick che ri-esplode senza fatica. Ci appare tutto facile e che a lui per primo non importi granché o che non sia stato salvato da chissà cosa, perché non teniamo davvero a lui (e anche su questo Marco Cocci ha non poche responsabilità).