Sul mare - La recensione

Un ragazzo che lavora a Ventotene come barcaiolo nella bella stagione si innamora di una turista ligure. La nuova pellicola di Alessandro D'Alatri si ritrova con una sceneggiatura debole e dei protagonisti non convincenti...

Condividi

Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Sul mare
RegiaAlessandro D'Alatri
Cast
Dario Castiglio, Martina Codecasa, Nunzia Schiano, Vincenzo Merolla, Raffaele Vassallo, Kevin Notsa Maouscita2 aprile 2010 

Non si può dire che Alessandro D'Alatri sia un regista che rientra in categorie tradizionali del cinema italiano contemporaneo. Da una parte, non va a finire in facili commediole e/o polpettoni romantici per adolescenti. Dall'altra, non ha neanche un'impronta da autore festivaliero come tanti suoi colleghi. Ne vengono fuori prodotti bellissimi come Senza pelle, accettabili come Casomai e operazioni poco convincenti come Commediasexi. Almeno, non è un realizzatore prevedibile.

Con Sul mare siamo di fronte a un classico boy meets girl. Nulla di male nell'adottare questa formula classica, ma ovviamente è fondamentale che sia il boy che la girl siano convincenti. Lui, Dario Castiglio, almeno si impegna, ma chiaramente non ha il carisma necessario per reggere 100 minuti di film tutti osservati dal suo punto di vista. Lei (Martina Codecasa) invece proprio non convince, anche perché è in grado di citare ricordi dolorosi come se leggesse l'elenco del telefono. Di sicuro, i due non riescono a suscitare quell'entusiasmo che sarebbe necessario per coinvolgere lo spettatore.

La storia d'amore poi non è raccontata in maniera straordinaria, soprattutto nella prima parte (con frasi come "quando uno è innamorato accetta tutto dell'altro"), gestita forse fin troppo in fretta (difficile veramente capire come un protagonista del genere possa innamorarsi dopo una sola notte di passione). Va meglio nel secondo tempo, che inizia a sfruttare anche il paesaggio (che fino a quel momento era stato praticamente dimenticato) e ad analizzare meglio i due innamorati. Peccato solo che non si sia spinto sull'acceleratore della passione e della libertà espressiva.

Purtroppo l'avvio del film, disastroso, lasciava poche speranze, sia per la voce off che per alcune scene orrende gestite male dal punto di vista degli effetti speciali. E fin da subito si capisce che la scelta di girare in digitale può andare bene per le scene notturne, ma di giorno provoca un eccesso di luce. Soprattutto, si crea una cornice sociale che vorrebbe parlare dei mali del Paese e che, oltre a essere gestita in maniera superficiale (magari con il solito africano simpatico e sveglio da pubblicità progresso), sembra quasi pretestuosa.

Ma forse la cosa peggiore è la metafora psicologica e pseudopoetica sullo stato del protagonista. Si tratta di un'idea che è facilmente attaccabile per il suo tentativo di somatizzare in maniera visibile il disagio di un amore che non va e che eventualmente bisognava gestire in maniera più sottile. Insomma, è difficile capire su che pubblico si punta per questo titolo ed è decisamente strano da uno come D'Alatri, che con il suo background commerciale dovrebbe capire meglio come comunicare con gli spettatori.

Insomma un film con molte cadute e non solo in senso metaforico. Peccato che che quasi nessuna sia veramente convincente...

Continua a leggere su BadTaste