Succession 4x10, “With Open Eyes”, la recensione
L'evento televisivo dell'anno: il finale di serie di Succession è una girandola di emozioni tutte originate dai personaggi
La recensione del finale di serie di Succession, disponibile su Sky e in streaming su NOW
With Open Eyes è meno originale di Connor’s Wedding, il capolavoro di questa stagione, e meno sentito di Church and State, il più equilibrato in materia di scrittura. Si può però dire, con gran sollievo, che anche gran finale è allineato con l’eccellenza di questa quarta parte. Doveva essere uno degli eventi televisivi dell'anno e così è stato: abbiamo assistito, senza timore di esagerare, all'incoronazione della serie come una delle più grandi di sempre.
Un finale soddisfacente anche per chi sperava un finale diverso
Ognuno ha il proprio finale ideale, compito dello showrunner è dare quello più logico, coerente e soddisfacente. Lo trova, come sempre accade in Succession, nell’ambiguità. È una serie in cui si può perdere pur facendo un sacco, ma veramente un sacco, di soldi. È un mondo a parte in cui tutti vogliono starci senza realizzare che, per salvarsi, devono fare l’opposto: devono uscirne. Come valutare quindi l'affare?
La chiusura c’è, ma quanto sia positiva o negativa per gli archi dei personaggi non lo decide la serie, lo delega ad altri. L'ambivalenza si riassume tutto un un’immagine, quella dell’acqua ammirata da Kendall senza più immergersi, simbolo della corrente di un mare che può trascinare a fondo o portare lontano. Poterlo osservare da fuori, è una salvezza o una condanna? Si può vivere anche senza galleggiare lì dentro?
Nelle tante chiusure enigmatiche, come quella di una mano tenuta stretta forse per convenienza, forse per vero affetto, forse per costrizione, c’è la finezza di una sceneggiatura che si divide tra quello che è bene per “i ragazzi”, quello che loro desiderano e quello che dicono di desiderare. Le tre cose non coincidono quasi mai.
Tutto torna in Succession
Per fortuna tutto torna. I fantasmi del passato ben nascosti con la complicità di Logan, come un omicidio, tornano a impattare nel finale. Lo fanno con discrezione, generando un dubbio al momento giusto. La scrittura dà valore a tutto quello che è stato. Non un episodio di troppo, non un episodio di meno quindi. Questa precisione chirurgica consacra Succession come una delle più complete e consapevoli espressioni della serialità contemporanea.
In questo finale tesissimo, seppur fatto di situazioni ormai cliché (come non sorridere all’ ennesimo “ragazzi, credo di dover essere io…”) tutto viene dai personaggi. Le loro scelte scorrono naturali come un effetto domino partito dalla morte di Logan. Persino Greg ha un suo grande momento. Ha imparato qualcosa dalle umiliazioni. Tira fuori un cellulare al momento giusto. Una reazione discreta e goffa, come impone il personaggio, che è fondamentale per entrare nello scontro finale con i tavoli ribaltati.
Un’America dei padri che non ha saputo formare i propri figli
Succession è anche il racconto della società occidentale, nello specifico quello della sfera di influenza dell’impero americano con i media, il cinema, la democrazia e l’informazione. È un mondo che esce sconfitto in tutte le prove a cui è stato sottoposto. Fatica a rinnovarsi, è corrotto, disilluso, cinico. La nuova generazione che deve prendere le redini si ritrova a guardare un mostro ben diverso dalla creatura scintillante di progresso che si sono raccontati in attesa di governarla.
Incoronato il nuovo sovrano, i sudditi, come iene, sorridono e cambiano casacca. Si adattano per non morire. L’impressione invece è che tutto il resto di Succession faccia i conti con la morte. La fine dei vecchi media, il decesso di un patriarca, la corruzione degli ideali. Quando questi ultimi ritornano, per un attimo, insieme a una progetto di crescita e di futuro vengono subito messi in crisi dal denaro e dagli affari.
Le emozioni con cui ci saluta Succession sono frastornanti. La chiusura perfetta di un cerchio che era veramente difficile prevedere fino a pochi secondi dalla fine. Perfetta la domanda con cui ci lascia: è un trionfo o una sconfitta? È il bene per i suoi personaggi o una condanna? Nella chiusura sul nero c’è anche la cessazione del desiderio di potere o il ciclo è destinato a ripetersi all’infinito?
Dipenderà, nella finzione, dai dati di ascolto della nuova gestione aziendale, dalle azioni e dalla presa sul pubblico. In altre parole: la parola agli spettatori.
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