Succession 4x09, “Church and State”, la recensione

Succession ricorda, nel suo momento più drammatico, che la sua forza è la satira e l'ironia. Un funerale al cardiopalma e anche commovente.

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Spoiler Alert

La recensione dell’episodio 9 della quarta stagione di Succession, disponibile su Sky e in streaming su NOW

Ormai è praticamente una regola non scritta della TV: quando Mark Mylod è alla regia (qualsiasi sia lo show) significa che l’episodio è uno di quelli grossi, fondamentali, bellissimi. Con lui a dirigere la serie manda un messaggio alle altre: si fa sul serio. Nel caso di Succession diventa quasi un vezzo intellettuale provare a fare una classifica dei momenti iconici o degli episodi che andranno studiati, per anni a venire, da chi vuole scrivere una sceneggiatura.

Church and State è uno di quelli. L'ennesimo vertice.

Una risata imbarazzata e una lacrima artificiale

Il funerale di Logan Roy doveva essere il momento solenne della serie, invece è l’ora e dieci minuti (!) più istericamente esilarante che Jesse Armstrong abbia scritto. Se ci si fosse dimenticati che Succession è innervata da uno spirito satirico, è impossibile non ricordarselo nel momento meno opportuno: di fronte ai quattro fratelli in lutto. 

Persino la cerimonia funebre del loro padre diventa infatti un terreno di gioco in cui darsi battaglia. Nella maniera discreta e subliminale che ci si aspetta, ovviamente. Che Roman non riuscisse ad arrivare in fondo al discorso era ampiamente prevedibile. Però è il come accade che graffia. Torna Ewan Roy, il fratello di Logan, di cui si era veramente sentita la mancanza, e lo fa come un giustiziere. Sale sull’altare (incredibile che tutto questo avvenga in chiesa) e spara a zero sul fratello. È il momento più tenero e sincero fatto da un personaggio della serie, per lo meno dall’inizio della quarta stagione. 

Ewan pone l’ultimo tassello sulla psiche di questo sovrano shakespeariano. Oltre l’avidità, le cinghiate sulla schiena, i traumi affettivi, Re Logan diventa lo Zio Paperone di Don Rosa. Un tiranno, sì, ma con il cuore spezzato.

Come proseguire dopo questo? Il fragile Roman ci rinuncia con un pianto disperato che non mancherà di essere sfottuto da tutti. Una sconfitta netta che lo pone fuori dai giochi.

Il seguente avvicendarsi dei fratelli al microfono per l’interminabile elegia funebre assomiglia per come lavora sull’imbarazzo al brindisi di Le amiche della sposa. Invece è pura strategia imprenditoriale. Impossibile sapere se quelle espresse (sbandierate!) dai figli siano emozioni autentiche o semplicemente finalizzate a mandare un messaggio a qualcuno.

La perfetta ironia in stile Adam McKay (produttore della serie) è amara. Bilanciata con cura, porta sempre avanti lo sviluppo dei personaggi. Persino i convenevoli tra donne, le ex di Logan, si concludono in un dito medio all’uomo quando queste si ritrovano tutte sedute - insieme - nello stesso inginocchiatoio. 

Succession sta diventando una distopia?

Nel frattempo l’America brucia. Una ristretta cerchia di uomini potentissimi (tra cui il possibile futuro presidente) celebra un rito obbligato e ipocrita proprio verso l’uomo che ha incendiato le strade. Pure Shiv, ad un certo punto, deve chiedere ai dipendenti se suo padre sia stato peggio del mostro che ha conoscoito.

Succession parla così, attraverso il perfetto cambiamento di Kendall, di una mentalità. L’impero dei media è stato uno specchietto per le allodole. La vera eredità è il pensiero di cosa si possa e di cosa non si possa fare per controllare il denaro. Ken, dacché era al suo opposto, è molto simile al suo genitore defunto.

Succession ha dimostrato un’altissima scrittura, con una costanza nella qualità veramente ammirevole. In Church and State raggiunge però anche una qualità visiva da grande cinema. Non c’è un’inquadratura che sia uguale all’altra durante la cerimonia. Le comparse che riempiono lo spazio sono usate nella composizione delle immagini per amplificare sempre qualcosa. Nei totali danno risalto alla solennità: il nero degli abiti in contrasto con il bianco dei cerimonieri, ad esempio. Sono poi il piano di ascolto e sono il metro con cui valutare l’effetto delle parole di chi è al microfono. Guardiamo sempre loro per capire come stiano andando le cose. E stiamo parlando di comparse!

Tutti i personaggi primari sono per necessità riuniti in un’unico spazio. Tranne Tom, che fa esattamente quello che Logan avrebbe preteso da lui. Eppure nessuno è messo lì solo perché logica vuole che ci sia.

Ormai, dopo tanti episodi di assestamento, la sceneggiatura è arrivata esattamente dove voleva. Ha predisposto tutte le tessere. Tanto che ora, ogni dialogo e ogni scelta discende logicamente senza alcuno sforzo. L’effetto domino della morte di Logan finirà nella prossima puntata. E tutto, per la storia della TV, fa presagire per il meglio. 

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