Strappare lungo i bordi, la recensione di tutti gli episodi

La prima serie di Zerocalcare gira molto dalle parti di una delle sue graphic novel, ribadisce il suo mondo e le sue idee. È buona ma aggiunge poco

Critico e giornalista cinematografico


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Strappare lungo i bordi, la recensione di tutti gli episodi

La prima serie tv di Zerocalcare non si muove troppo lontano da La profezia dell'armadillo, la sua prima graphic novel. Quando verso la fine degli 8 episodi comincia ad essere chiara la trama orizzontale capiamo che ruota intorno a qualcosa avvenuto nel passato che è tutto da interpretare, intorno ad una morte e intorno alla rivelazione che ciò che pensava e ha pensato per anni il protagonista era sbagliato. È un tema ricorrente questo nelle opere di Zerocalcare e c’è poco da meravigliarsi che torni anche nella sua prima serie tv, è un porto franco.

In tante maniere diverse Zerocalcare lavora con la memoria. Le sue storie hanno molto spesso a che vedere con la memoria, le sue gag affondano nella memoria, e il modo in cui conduce il racconto è spesso tramite la rievocazione. La distorsione della memoria attraverso tutto quello che è avvenuto tra l’epoca del ricordo e il presente (più che altro le visioni di film, serie, cartoni e via dicendo) sono sempre il ponte tra ciò che era e ciò che è. Tra il personaggio bambino o adolescente e il personaggio adulto. È esattamente questa separazione tra ieri e oggi che nel mondo delle storie di Zerocalcare genera significato. Cosa pensa la persona di oggi di quella di ieri e (indirettamente) viceversa?

strappare lungo i bordi immagini serie zerocalcare

Il sempre impietoso sguardo dei sogni e delle illusioni getta ombre terribili su un presente inevitabilmente infame anche quando potrebbe essere vittorioso. In questa serie Zerocalcare racconta solo brevemente e incidentalmente di vivere da solo, mantenersi con il disegno e quindi avere un reddito stabile che gli dia sicurezza. È un lampo di serenità nel consueto oceano di dubbi, ansie e incertezze raccontati ridendo e scherzando. E se è vero che i migliori registi horror sono quelli che per primi hanno terrore di ciò che raccontano, Zerocalcare è sensibilmente il primo ad essere spaventato dalle ansie che rappresenta. Ansie proprie e, ancora peggio, ansie altrui, spesso maggiori delle sue (è questo il caso) che lui guarda e racconta come scrutando un abisso coprendosi gli occhi con le mani per la paura.

Sono demoni neri, sono vuoti cosmici, sfondi scuri e tutto un campionario di esseri mal definiti le paure per come le disegna Zerocalcare. E si trova tutto qui in questa serie che non sembra proprio una serie, che non ha molto senso se guardata ad episodi ma ne ha di più se unita tutta insieme, come un lungometraggio. Non c’è nessuna vera separazione di toni o stile di episodio in episodio, non ci sono reali cliffhanger e anche il mistero della destinazione e della ragione del viaggio ha senso serialmente tanto quanto lo avrebbe in un film, come punto di arrivo di un arco narrativo.

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Sarebbe semmai più sensata l’idea del cambio di voci nell’ultima puntata (ma aveva ragione Michele Rech, lo stacco è troppo forte e stona, specie per la dizione eccezionalmente pulita degli altri doppiatori) ma è un dettaglio che non muta la sostanza. Come moltissimi autori italiani Zerocalcare ha fatto una serie tv perché i soldi e i finanziamenti sono lì, ma in realtà ha realizzato un film diviso in puntate. E va bene così. Strappare lungo i bordi è un esperimento di animazione che stupisce per la vivacità delle trovate e il ritmo incessante. Tutto quello che di buono avevamo scritto per i primi due episodi (essendo questo in realtà un film) lo si può confermare per il resto delle puntate.

Certo l’unico rammarico è che il passaggio all’audiovisivo non ha messo e non ha tolto niente, non è stato un passo in avanti in qualche senso ma più un adattamento di tutto quello che ha già fatto, e continua a fare, su carta. In questo senso è un buon prodotto ma nulla di sconvolgente.

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