Lo strangolatore di Boston, la recensione

La recensione di Lo strangolatore di Boston, film crime tratto da una storia vera scritto e diretto da Matt Ruskin, con Keira Knightley

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La recensione di Lo strangolatore di Boston, su Disney+ dal 17 marzo

Scritto e diretto da Matt Ruskin (Il coraggio di lottare), Lo strangolatore di Boston racconta la storia vera della giornalista del Boston American Loretta McLaughlin (Keira Knightley), la quale nel 1963 insieme alla collega Jean Cole (Carrie Coon) investigò fino a scoprire la vera identità del serial killer che stava terrorizzando la città.

Di fatto Lo strangolatore di Boston racconta esclusivamente l’indagine e per niente le persone che la animano. Tra scartoffie, sequenze in ufficio e scene del crimine, quello che vediamo di Loretta McLaughlin è esattamente quello che avremmo potuto immaginare leggendo del caso in altri modi. Non attraverso un film.

Forse l’intento era quello di fare un film asciutto, che andasse dritto al punto senza perdersi in troppi personalismi. L’idea è anche giusta di per sé, peccato che il “capitale umano” di chi viene coinvolto nelle indagini, quando si tratta di film crime hollywoodiani (che è oggettivamente quello che questo film é!) è a dir poco essenziale: lo è per settare il conflitto della storia, il tema, creare empatia e tensione… senza questa componente umana manca il tocco che rende dei fatti una storia. E allora che senso ha fare un film?

L’estetica è tutta tratta da David Fincher: la color correction un po’ slavata e retrò, i fumi di sigaretta che riempiono gli spazi, gli uffici della giustizia che nel loro ordine razionale e geometrico si scontrano con il marciume e il buio dei luoghi del crimine. In questo senso Lo strangolatore di Boston potrebbe davvero sembrare un film di Fincher, ma lo è solo a livello estetico e in nessun modo lo è a livello di regia o scrittura. Matt Ruskin pur avendo tra le mani una storia estremamente interessante e piena di possibili conflitti (tra le giornaliste e il mondo fuori, la loro vita privata, il giornale stesso) non fa altro che giocare sul già noto e fare una vera e propria ripresa cronachistica del possibile, non prendendo mai alcun rischio e non mettendo mai sul piatto un’idea che non sia il realismo. E Keira Knightley, nella sua mono-espressività, certamente non aiuta.

Ecco, nel momento in cui il realismo si veste da finzione ben più elaborata e complessa (appunto, Fincher) non ci si può non aspettare da Lo strangolatore da Boston qualcosa che non è. Puntando troppo in alto e nella direzione sbagliata di fatto Matt Ruskin si frega da solo, e mentre si affanna ad essere un regista che non è perde di vista chi potrebbe essere. La regia è corretta ma statica, priva di idee, di intenzioni: e così le scene si ripetono infinitamente le une uguali alle altri fino alla risoluzione finale.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Lo strangolatore di Boston? Scrivetelo nei commenti!

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