Stranger of Sword City, la recensione
Un nuovo dungeon crawler per PS Vita: la recensione di Stranger of Sword City
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Stranger of Sword City, sin dalle premesse che tentano di giustificare le peripezie che vi attendono, si palesa per quello che è: un dungeon crawler, in stile Etrian Odyssey, piuttosto classico, tutt’altro che intenzionato e interessato a introdurre vere novità al genere di riferimento. Tagliando corto, molto corto a dire il vero, lo si potrebbe inquadrare come una reskin di titoli simili già visti in passato su altre piattaforme. Del resto, e non a caso, si tratta di un porting, sulla piccola di casa Sony, di un gioco già pubblicato, in Giappone e Stati Uniti, su Xbox 360 e Xbox One.
Un prodotto per pochi, dunque, che vogliono una scusa come un’altra per immergersi e divertirsi con un’avventura di cui conoscono già il canovaccio, le meccaniche che ne governano la progressione, le strategie utili per avere la meglio su qualsiasi avversità. Solo attraverso questa prospettiva si possono apprezzare i pregi di Stranger of Sword City, imparando a scendere a compromessi con i pur tanti e innegabili difetti. Tra questi ultimi va certamente annoverata la trama che, dopo un inizio persino incoraggiante, perde di mordente e si diluisce in un mare di interminabili dialoghi. Lo stile nipponico, generalmente poco gradito al pubblico occidentale, potrà certamente affascinare qualche intransigente difensore della vecchia scuola, ma la ridondanza di certe situazioni non fa altro che mettere a nudo un cronico e congenito limite di fondo: la pochezza di un plot che ha davvero poco da svelare e che si alimenta di cliché e personaggi fin troppo stereotipati.
[caption id="attachment_154361" align="aligncenter" width="508"] Se sul fronte puramente tecnico il gioco non brilla di certo, proponendo una serie di scenari poco dettagliati e avari di effetti speciali, su quello artistico, tra splendidi artwork e una soundtrack all’altezza delle aspettative, c’è davvero poco di cui lamentarsi.[/caption]
L’ermetismo estremo che sottende il concept di gioco, si palesa anche negli altri ambiti proprio partire dall’unica città in cui potrete acquistare nuovo equipaggiamento, assoldare membri del party, scambiare quattro chiacchiere con i personaggi chiave della vicenda. Se negli ultimi tempi ci siamo abituati a RPG che propongono una serie di location liberamente esplorabili, in questo caso dovrete accontentarvi di selezionare la destinazione prescelta, tra le voci disponibili, preparandovi all’idea che ognuna di esse si presenterà come un'unica schermata in cui, al massimo, si visualizzeranno ulteriori menù. Naturalmente, nei dungeon che dovrete esplorare, la situazione non cambia molto. A partire da una visuale in prima persona, si tratterà di muovervi all’interno di una griglia dalla conformazione di volta in volta diversa, stando attenti ad imboccare il sentiero desiderato, evitando trappole e burroni in cui perdere preziosi punti vita. Tra tesori da scovare e caselle in cui i personaggi non perderanno occasione per scambiare quattro chiacchiere, ovviamente non mancheranno mostri da combattere.
"Stranger of Sword City è titolo per pochi non solo per il genere d’appartenenza e l’impostazione ludica generale, ma anche e soprattutto per la dedizione e impegno richiesta al giocatore"Anche in questo caso il termine di paragone è Etrian Odyssey sia per il livello di difficoltà generalmente altissimo, sia per tutta una serie di accorgimenti che dovrete rispettare se vorrete avere la minima speranza di avere la meglio. Il party di sei guerrieri che potrete comporre andrà disposto su due file, con maghi, guaritori e arcieri arretrati rispetto agli eroi che imbracciano spade, scudi e lance. Inoltre non bisogna sottovalutare l’importanza degli allineamenti elementali, né del farming, pratica non amata da tutti, ma qui fondamentale vista la potenza dei nemici. Perdere un compagno d’armi, infatti, è un’eventualità peggiore di quanto possiate immaginare. Non solo dopo una serie di KO rischierete di perderlo definitivamente, un po’ come accade in Fire Emblem, ma, anche curandolo nella clinica apposita dovrete rinunciare ai suoi servigi per lungo, lunghissimo tempo. Stranger of Sword City è titolo per pochi non solo per il genere d’appartenenza e l’impostazione ludica generale, ma anche e soprattutto per la dedizione e impegno richiesta al giocatore. Ogni passo fatto è potenzialmente l’ultimo, ogni scontro può rivelarsi mortale, qualsiasi disattenzione in fase di gestione del personaggio e del party può avere conseguenze devastanti.
[caption id="attachment_154360" align="aligncenter" width="508"] Non ci sono cut scene a ravvivare l’azione. Ogni dialogo prevede la comparsa dei soliti e immobili artwork dei personaggi coinvolti.[/caption]
Difficile consigliare Stranger of Sword City al di fuori di quella ristrettissima cerchia di appassionati di dungeon crawler. A dispetto di un Etrian Odyssey qualsiasi, siamo ben lontani dall’eccellenza sia per una trama fin troppo abbozzata, sia per un gameplay che non presenta alcuna variazione sul tema. Chi sa cosa lo attende, immediatamente dopo il disastro aereo che apre l’avventura, a patto di scendere a compromessi con le meccaniche ruolistiche che gestiscono il tutto, potrà godersi una ventina di ore di scontri memorabili e lotte all’ultimo punto vita. Gli altri, già provati da brutte esperienze passate o semplicemente intimoriti da questo tipo di giochi, non ha alcun motivo per prendere in considerazione l’offerta di Experience.