Strange World - Un mondo misterioso, la recensione
Attingendo a varie ispirazioni e con un twist finale ambientalista Strange World vuole anche essere il Frozen della mascolinità tossica
La recensione di Strange World - Un mondo misterioso, il nuovo film d'animazione Disney, al cinema dal 23 novembre
È almeno da Rapunzel che la Disney ha svoltato con una decisione mai vista prima sul politico, intuendo quanto sia cruciale il posizionamento e quanto siano importanti gli ideali per la sua nuova generazione di riferimento. Dopo aver accelerato in maniere impressionanti sul lato femminista, mettendo a segno senza dubbio alcuni dei film più cruciali sul tema, ora realizza un pamphlet ambientalista in cui, senza far troppo clamore ma anche senza nasconderlo eccessivamente, mette sullo schermo il primo co-protagonista apertamente gay di un suo lungometraggio per il cinema. Non è una spalla, non è un alleggerimento comico, non è un villain, è di fatto uno dei tre personaggi principali e quello con il quale più facilmente sì può identificare il pubblico.
Più in grande Strange World vuole appartenere al filone dei film Disney d’avventura e azione (e che bello score avventuroso che è stato composto!) e nel raccontare il grande viaggio di un equipaggio nel quale seguiamo una famiglia, racconta soprattutto tre modelli maschili, cioè tre modi differenti di essere uomo, che appartengono a tre generazioni diverse. Nonni, padri e figli. Certo sono anche tre modi differenti di relazionarsi con l’ambiente (la sfida, l’irregimentazione e l’armonia), ma il conflitto tra i tre è proprio quello tra tre modelli di mascolinità che cercano di imporsi gli uni sugli altri (chi con forza, chi in modo passivo-aggressivo, chi lamentandosi) e che sono anche i diversi modi di intendere l’atteggiamento maschile che esistono nella nostra società, senza ricorrere per forza a generazioni diverse.