Stephen King's Doctor Sleep, la recensione
Con poca verve e molta voglia di correggere Shining, Doctor Sleep è un film ordinario fino a che non arriva all'Overlook Hotel
DOCTOR SLEEP, DI MIKE FLANAGAN: LA RECENSIONE
C’è una titanica lotta a tre in Doctor Sleep, che non è quella tra Danny Torrance, Abra (una bambina piena di Luccicanza) e Rose (che di gente piena di Luccicanza si ciba), ma è quella tra la memoria di Shining di Stanley Kubrick, Stephen King (che di quella memoria non è un fan, anzi!) e Mike Flanagan (stretto tra i due, con le sue ossessioni ben chiare in mente). Kubrick è il convitato di pietra sempre più evocato a mano a mano che il film si avvicina all’Overlook Hotel, un posto che visivamente ha creato lui, che lui ha definito e che lui ha filmato in modi e maniere che non possono essere trascurate (tanto che Flanagan cita anche alcuni movimenti di macchina di quel film, e fa bene perchè quel posto è anche quella maniera di filmarlo).
Ci mettono davvero troppo a entrare in scena le ossessioni di Flanagan, che aumentano più ci si avvicina all’Overlook, quell’hotel gigante ancora infestato dalle anime di Shining e ancora palesemente infestato da Kubrick.
Non dovrebbe stupire perché è esattamente il terreno preferito di questo regista, che con Oculus e la serie Hill House ha dimostrato di adorare storie in cui si combatte dentro una casa, in cui l’architettura parla e lotta è tutta tra il presente ed l’eredità di un passato. L’arma con cui si combatte nei suoi film infatti è sempre il montaggio che fa fare avanti e indietro a noi e ai personaggi, che usa il passato per modificare il presente, che piega il racconto e crea una nuova realtà ibrida. Qui l’idea purtroppo non azzeccata di avere altri attori per interpretare i personaggi di Shining è continuamente tamponata dall’uso del passato che fa Flanagan. Nonostante Doctor Sleep non brilli mai di luce propria e faccia di tutto per essere prevedibile e ordinario non si può negare che in quel finale (troppo breve, troppo marginale rispetto al resto del film) c'è il vero senso di cosa voglia dire rivisitare un capolavoro, della forza delle immagini sulle parole al cinema. Con buona pace di Stephen King.