State of Decay 2, come prima, poco più di prima – Recensione

Undead Labs sceglie la continuità: la recensione di State of Decay 2

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Continuità. È questo il mantra, la parola d’ordine che ha influenzato, condizionato, guidato i lavori di Undead Labs su State of Decay 2, sequel che ha le sembianze di un upgrade, quasi di un’espansione, per non dire di un ricco, ricchissimo DLC.

Sembra una critica, per gli amanti delle rivoluzioni a tutti i costi sicuramente lo è, ma non vuole affatto esserlo. Si tratta, più semplicemente, di una presa di coscienza, soprattutto di un avvertimento, quando non di una lieta notizia per chi apprezzò oltremodo la perfetta commistione tra istanze action e ambizioni da gestionale sfoderata dall’originale.

Tutto è rimasto praticamente allo stesso posto, esattamente lì dove lo avevamo lasciato, pronto nuovamente a regalarci la (quasi) perfetta simulazione di mondo post-apocalittico in salsa non-morti.

[caption id="attachment_185137" align="aligncenter" width="1000"]State of Decay 2 screenshot Gli scenari messi a disposizione dagli sviluppatori sono tre. I cambiamenti, tuttavia, sono puramente ed unicamente estetici.[/caption]

Va immediatamente fatta una precisazione in merito, utile ai neofiti per carpire appieno il concept, la filosofia di fondo del gioco. Nonostante la fine del mondo sia stata causata dal solito virus sfuggito di controllo, nonostante passerete ore e ore del vostro tempo a spaccare crani putrefatti, il focus dell’avventura, il perno attorno a cui ruota l’esperienza non consiste nello sfuggire, nel respingere, nel combattere l’avanzata degli zombie.

Si tratta solo ed esclusivamente di sopravvivere, nell’accezione più ampia del termine. Uno alla volta, a vostra scelta e a seconda delle esigenze del caso, vestirete i panni di tutti i membri della vostra comunità, un gruppo di sopravvissuti che dovrà fortificare l’edificio entro cui si ripara, dotandolo progressivamente di laboratori, infermerie, orti e altre strutture utili a immagazzinare e creare tutto il necessario per garantire una vita quantomeno decente all’enclave."Il perno attorno a cui ruota l’esperienza non consiste nello sfuggire, nel respingere, nel combattere l’avanzata degli zombie"

Serve carburante, per alimentare i generatori; munizioni, per difendersi dalle orde erranti; ovviamente cibo, per riempire le pance; magari acqua corrente e medicinali in gran quantità. Esaurire le scorte si traduce in una perdita di fiducia, che può sfociare in furiose risse tra compagni, in ulteriori perdite di beni primari, addirittura in abbandoni della comunità da parte dei membri più frustrati e depressi.

Sarà proprio il materializzarsi di questo tragico scenario la molla, la spinta, la benzina che alimenterà di continuo il motore di State of Decay 2, nonché il vero nemico da combattere, da allontanare e scacciare con forza.

Più di ogni altra cosa, funge da unico e autentico antidoto alla noia, ad una ripetitività altrimenti palpabile nelle missioni, generate casualmente, che dopo un’iniziale varietà, presenteranno obiettivi e svolgimenti assolutamente simili tra loro.

Eppure, ogni escursione, ogni scampagnata per la mappa di medie dimensioni messa a disposizione dagli sviluppatori, ha un suo perché, un suo fascino scaturito proprio dall’ossessione, dalla smania, dalla necessità di appropriarsi, in qualche modo, di nuovo loot che permetta di migliorare le condizioni dell’accampamento, di costruire una nuova struttura, di potenziare quelle già erette.

[caption id="attachment_185075" align="aligncenter" width="1000"]State of Decay 2 screenshot Oltre agli zombie standard, ne affronterete altri dotati di particolari abilità. Ci sono quelli che urlando attireranno altri non-morti, quelli che una volta avvicinati esploderanno in una bolla di acido e così via.[/caption]

Ogni azione svolta e compiuta correttamente, come se non bastasse, premia il videogiocatore con punti che permettono di guadagnare esperienza in una delle abilità che contraddistinguono e specializzano un determinato personaggio. Se alcune capacità sono comuni a tutti gli avatar, come la resistenza o il combattimento con armi da taglio, diventare maghi del giardinaggio o della riparazione di veicoli sarà possibile solo ad alcuni sopravvissuti.

Ecco perché la gestione dell’enclave è un aspetto tanto importante ed impattante nell’economia del gameplay, nonché quello meglio approfondito di tutta la produzione. Starà a voi decidere quali superstiti accogliere nel vostro campo base, quali espellere, chi promuovere a ruolo di leader, sempre tenendo in considerazione i punti di forza di ciascuno, di come e quando possano tornarvi utili in base agli obiettivi che vi siete prefissati.

Se siete veterani del capitolo originale, vi starete giustamente chiedendo dove si annidino le reali novità di questo capitolo. Sono fondamentalmente due, solo una in grado di portare un minimo di varietà all’azione. Da una parte abbiamo la Piaga, morbo che può colpire i sopravvissuti quando attaccati da una speciale tipologia di zombie. Se trattata con il giusto antidoto, da craftare ovviamente reperendo gli ingredienti necessari, si guarisce in fretta, lasciando riposare il malcapitato nell’infermeria. In caso contrario, se entro un certo lasso di tempo non si è trovato una soluzione, vedremo l’alleato trasformarsi in un famelico zombie che andrà opportunamente abbattuto, perdendolo per sempre, sorte che naturalmente toccherà anche ai personaggi che, per un motivo o l’altro, cadranno sul campo di battaglia.

La seconda novità, questa davvero interessante, è relativa alla possibilità di muovere guerra alle altre comunità di superstiti. A differenza degli scontri contro i non-morti, i gruppi organizzati di umani cercheranno di sopraffarvi utilizzando rudimentali, ma spesso efficaci, strategie. Inoltre, la maggior parte di loro, necessiterà di un numero esorbitante di colpi per essere messo al tappeto. Pensateci molto bene, insomma, prima di inimicarvi un’altra enclave.

Purtroppo, oltre alla sopraccitata ripetitività di fondo, ci sono altre piccole sbavature che influenzano negativamente l’esperienza. Tanto per cominciare il co-op non si rivela godibile e divertente come sperato. Spalleggiarsi con l’amico ideale regala sempre risate a profusione, beninteso, ma il clima di incertezza, di pericolo costante scema, rendendo la partita sensibilmente meno affascinante e adrenalinica. Come se non bastasse, il netcode è tutt’altro che affidabile e stabile, nonostante difficilmente influenzi negativamente il corso del gioco.

Abbondano inoltre i glitch grafici. Nessuno di questi è tale da rovinare l’esperienza, fortunatamente, ma ne avremmo sicuramente fatto a meno, così come di alcuni rallentamenti di troppo.

[caption id="attachment_185136" align="aligncenter" width="1000"]State of Decay 2 screenshot Le armi a corto raggio tendono a consumarsi con l’utilizzo, ma vista la penuria di munizioni, non pensiate che sia tanto saggio aggirarsi equipaggiati di sole pistole e fucili.[/caption]

State of Decay 2 è a tutti gli effetti un sequel, una riproposizione, in una forma ancora più smagliante, di un gameplay vincente e ancora attualissimo. Certo, si sarebbe potuto sperimentare e osare di più, né avrebbe fatto male una maggior cura dal punto di vista tecnico, ma gli amanti di apocalissi zombie non potranno che divertirsi grandemente e a lungo con la produzione Microsoft.

Chi ne ha già avuto abbastanza con l’originale non troverà motivi validi per accettare nuovamente la sfida. Al contrario, avrete pane per i vostri denti, tanti più che grazie al Play Anywhere potrete decidere, di volta in volta, se proseguire l’avventura su PC o su Xbox One.

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