Starfield, la recensione

Starfield non è un gioco esente da difetti, ma il risultato finale è comunque un titolo stupefacente che giocheremo per gli anni avvenire

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Starfield non è certo un titolo facile da trattare in fase di recensione. La più recente fatica dei ragazzi di Bethesda Game Studios è infatti un’opera stratificata, colma di attività da svolgere e sospesa tra i grandi giochi di ruolo del passato e i sogni della software house americana rivolti al futuro. Un’opera che che si ritrova talvolta ingabbiata da rigide scelte di game design, ma che riesce spesso a sfruttarle per dare vita a un titolo magari non perfetto, ma non per questo meno entusiasmante.

C’era grande attesa da parte del pubblico di tutto il mondo per Starfield. Un’attesa maturata dalla capacità di Bethesda di dare vita a mondi fantastici e a esperienze uniche, diverse da qualsiasi altro titolo. Di trasmettere al giocatore una sensazione di libertà totale, tenendolo però per mano in modo da fargli vivere storie cariche di atmosfera e capaci di rimanere impresse nel cuore e nella mente. Eppure, per quanto banale possa sembrare questa affermazione, Starfield non è Skyrim. L’errore che sembrano aver fatto in molti è stato quello di approcciarsi all’esplorazione spaziale con la convinzione di trovarsi di fronte nuovamente a Tamriel. Un mondo dove l’esplorazione libera è l’elemento più riuscito. Dove non è importante il punto da raggiungere, ma il viaggio. Ecco, Starfield non funziona allo stesso modo. Il viaggio rimane importante, ma è la meta il vero obiettivo. Il vero scopo.

Nelle ultime settimane abbiamo passato decine di ore nello spazio, assemblando la nostra astronave, arredando la nostra casa e affrontando missioni su missioni, innamorandoci sempre di più delle scelte fatte dall’azienda americana. Se siete rimasti incuriositi da Starfield e volete scoprire qualcosa di più (pur senza entrare nella pericolosa area spoiler), allora siete i benvenuti. Indossate le vostre tute spaziali e partite insieme a noi verso un cosmo in costante espansione.

“E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”

Partiamo, come sempre, dal comparto narrativo. I ragazzi di Bethesda non sono nuovi a storie ben raccontate e dal world building solido come la roccia, ma questa volta si sono superati. In Starfield interpretiamo un minatore che, dopo essere entrato in contatto con un misterioso manufatto, si trova coinvolto in eventi più grandi di lui. Eventi che coinvolgono il gruppo di esploratori dello spazio noto come Constellation, che recluterà il nostro eroe per scoprire cosa si nasconde dietro questo oggetto dalla natura aliena. Questo è ovviamente solo l’inizio di un viaggio che ci porterà da un capo all’altro dell’universo, dando vita a una miriade di avventure differenti.

Nonostante un incipit abbastanza classico per Bethesda, Starfield riesce a declinare la tipica avventura del “prescelto” con grande stile. Se la trama principale ci ha convinti, sono però le missioni secondarie ad averci fatto innamorare di questa nuova avventura. La maggior parte delle quest che si possono trovare in giro per la mappa mettono in scena storie che sembrano provenire da romanzi di fantascienza in stile Urania. Avventure con tematiche differenti, personaggi differenti e atmosfere differenti. Talvolta si vive una storia horror sulla falsa riga di Alien, altre volte un thriller vicino ai toni di Cyberpunk. Starfield è un crogiolo di racconti, spesso emozionanti e scritti con invidiabile maestria.

Le scelte prese nel corso delle varie storie servono inoltre a caratterizzare il nostro protagonista e, in alcuni casi, presentano delle diramazioni interessanti in un secondo momento. Certo, nulla di complesso ed elaborato come il recente Baldur’s Gate III, ma sicuramente in grado di donare immedesimazione al giocatore. Giocatore che, tra un libro e un file audio, si trova ad assimilare diverse informazioni di world building, che rimangono facilmente ancorate alla sua mente. È incredibile, infatti, la naturalezza della scrittura raggiunta da Bethesda, mai così chiara, cristallina e iconica come in questo caso.

IL COSMO ALLA PORTATA DI TUTTI

Da un punto di vista ludico, Starfield è un GDR nella sua forma più pura. Utilizzando il nostro avatar completamente personalizzabile nell’estetica e nelle abilità di base, potremo tuffarci nel cosmo per affrontare centinaia di missioni dalla durata differente. Durante queste missioni potremo sparare, muoverci agilmente grazie al Jetpack sulle nostre spalle e dilettarci in una miriade di attività secondarie, come acquistare una casa e arredarla in tutto e per tutto. Ognuna di queste attività, però, merita di essere analizzata più nel dettaglio.

Siamo di fronte, infatti, al miglior gunplay sviluppato da Bethesda. Nel gioco potremo trovare una miriade di armi differenti e che, effettivamente, “suonano” in modo differente tra le mani del giocatore. Qualcuna ha un caricatore più lento, altre sono più precise, mentre altre ancora sono più deboli, ma offrono dei vantaggi specifici contro determinate creature. Insomma: se il roster delle armi ci ha convinto è proprio il feeling ad averci sorpreso. Un risultato che prende i netti miglioramenti rispetto al passato fatti da Fallout 4 e li mescola con un ritmo più frenetico, vicino per certi versi agli shooter in stile Destiny.

Muoversi con il Jetpack, inoltre, diventa un elemento da studiare nel dettaglio. Ogni pianeta, infatti, presenta una gravità differente, che influenza di conseguenza i nostri movimenti. Adattarci alle gravità e capire come sfruttare lo zaino a propulsione è tanto divertente, quanto appagante. Un elemento che, oltre a variare il ritmo degli scontri, influenza anche l’esplorazione.

Arredare la casa, infine, è un elemento opzionale, ma che risulta ben implementato e che dimostra i passi avanti fatti rispetto a quanto visto, per esempio, in Skyrim. Tornare nella propria abitazione dopo aver esplorato mondi lontani è estremamente soddisfacente, dando al tutto un tocco di realismo e di “simulazione” che ci ha permesso di immedesimarci appieno nell’opera di Bethesda.

UN’ESPLORAZIONE DIFFERENTE

Come abbiamo già avuto modo di affermare, il metodo con il quale si esplora in Starfield è nettamente differente da quanto visto in passato nei titoli della software house americana. Questo anche a causa del metodo con il quale ci si sposta, spesso legato ai menù e al “viaggio rapido”. Non è possibile, infatti, partire con la propria nave spaziale e raggiungere fisicamente tutti i sistemi solari. Questa scelta rende il tutto più rigido e meccanico, ma ha anche un enorme pregio: azzerare i tempi morti. In molti giochi, infatti, per spingere sulla magia dell’esplorazione si tende a dare vita a traversate che, alla lunga, perdono di fascino. In questo modo, con qualche rapido click, ci si trova dove si deve andare e si affronta la missione di turno. Il risultato è un’esplorazione più vincolata alla narrativa e che, se abbracciata, sommerge il giocatore di quest, situazioni e scontri.

Ovviamente questa precisa presa di posizione ha anche dei difetti. Per prima cosa, i pianeti minori risultano spesso meno interessanti di quelli più importanti, con punti d’interesse messi un po’ troppo distanti tra di loro. Questo spinge quindi il giocatore ad affrontare quelle traversate appena citate che, per quanto poco, mettono in evidenza il vuoto di alcune aree. In secondo luogo, i menù di gioco non risultano sempre immediati e, in alcuni casi, risultano eccessivamente macchinosi. Con il tempo ci si fa l’abitudine, ma è innegabile che, per contenere tutte quelle informazioni, si sarebbe potuto fare di meglio.

LA NAVE DEI PROPRI SOGNI

Tra le altre cose, Starfield permette di creare una propria navicella, con la quale approdare e decollare da ogni pianeta. È proprio subito dopo il decollo e prima dell’arrivo che, infatti, il giocatore può guidare il veicolo, affrontando eventi casuali che vanno dalle battaglie spaziali all’indagine di alcuni punti di interesse. È qui che la nave risulta veramente importante, ottenendo una funzione differente in base alle scelte prese in fase di costruzione. Possiamo dare vita, infatti, a veicoli più possenti, ottimi per trasportare (e rivendere) grandi carichi, oppure ad altri più agili per affrontare con estrema agilità gli scontri più pericolosi.

Personalizzare la propria nave è un vero piacere, che non solo modifica sostanzialmente il gameplay durante le sezioni nello spazio, ma che può essere creata anche come una seconda casa. Le modifiche esterne, infatti, impattano anche sugli interni, dando vita a spazi che è possibile riempire con elementi utili durante la nostra esplorazione. Poter rapidamente avere accesso alla stiva o alla strumentazione per il crafting è infatti un valore aggiunto che si finisce per apprezzare, soprattutto quando si atterra su pianeti ostili o ricolmi di oggetti da raccogliere.

DALLE STALLE ALLE STELLE

Da un punto di vista tecnico, Starfield regala degli scorci in grado di lasciare a bocca aperta. Il lavoro fatto sugli ambienti e sullo stile artistico è incredibile, con mondi e città di una bellezza disarmante. Buoni anche i modelli 3D dei personaggi, nettamente più rifiniti che in passato, ma che soffrono ancora di quella legnosità tipica dei GDR Bethesda. Talvolta i vari NPC sembrano guardare nel vuoto e/o muoversi per la mappa di gioco in modo innaturale, ma questo è colpa della solido motore grafico di partenza sul quale è stato costruito l’intero titolo.

Ottima la colonna sonora, forte di sonorità differenti e in grado di abbracciare dei toni appartenenti a diversi approcci al genere sci-fi. Talvolta le musiche sono più vicine a quanto sentito in pellicole come Interstellar, altre volte non nascondono un tocco più epico in stile Star Wars. A questo si aggiunge il buon doppiaggio in inglese, accompagnato da una più che valida localizzazione in italiano. Avremmo voluto che l’intero titolo fosse tradotto? Senza dubbio. L’opera rimane comunque godibile anche senza le voci nella nostra lingua? La risposta è sempre la stessa: senza dubbio.

Starfield è inoltre il titolo più pulito mai sviluppato da Bethesda. Nonostante qualche sporadico bug, il gioco scorre su Xbox Series X e su PC senza particolari problemi. Qualche difficoltà in più, invece, per la piccola Series S, che in alcuni momenti soffre di cali di frame improvvisi e crash inspiegabili. Per il resto, invece, l’anno di sviluppo extra ha fatto un gran bene al titolo.

STARFIELD, PER ASPERA AD ASTRA

Starfield non è un gioco perfetto. L'ultima fatica di Bethesda potrà non avere l’esplorazione libera come Skyrim e i suoi menù sicuramente non sono tra i migliori visti negli ultimi anni, ma nulla toglie che si tratti comunque di un titolo meraviglioso. Un titolo da vivere appieno, abbracciando l’esplorazione spaziale in ogni sua forma e facendosi cullare dalla miriade di storie interessanti che il cosmo ha da offrire.

Non c’è dubbio: Starfield è un titolo che giocheremo per anni e che saprà ritagliarsi una nutrita nicchia di appassionati che lo ricorderò come molti di noi ricordano ancora l’ultimo The Elder Scrolls.

Siamo di fronte, infatti, a un'opera che non ha rivali al mondo. Ci sono giochi che permettono un’esplorazione più curata o che puntano tutto sulla simulazione, ma in quel caso non sono veri e propri giochi di ruolo. Titoli come The Outer World, invece, possono essere assimilabili a Starfield, ma non ci permettono di fare tutto quello che si può fare nel titolo Bethesda e con la qualità vista nel titolo Bethesda.

Quindi, piccoli difetti a parte, non ci sono scuse. Avete sempre sognato partire per lo spazio e vivere un’avventura indimenticabile? Ora potete finalmente farlo con stile.

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