Stardew Valley, la recensione

Dopo anni di sviluppo la pastorale videoludica di Eric Barone arriva su PC: la recensione di Stardew Valley

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Da ragazzino avevo una passione per l’estetica pastorale: declivi coperti d’erba smeraldo, dolci ruscelli, i paesini abbarbicati sulle montagne. Ho sempre trovato molto affascinante il tentativo di razionalizzare la bellezza selvaggia della natura, dai quadri di Friedrich ai paesaggi creati da Miyazaki. Nonostante tutto, però giochi come Harvest Moon o il temibile Farmville non sono mai riusciti a conquistarmi. Troppo giapponese il primo, con un sistema di grinding che manco nel primo Final Fantasy e troppo mainstream il secondo, più simile a Candy Crush che a un videogioco vero. Stardew Valley è...diverso.

Sviluppato in totale solitudine da Eric Barone, un giovane ingegnere americano (all’epoca) disoccupato, il gioco di ConcernedApe non stupisce per originalità e si affida a meccanismi semplici. Però lo fa dannatamente bene. Stardew Valley ha le stesse premesse di un qualsiasi Harvest Moon, nei panni di un neofita dell’agricoltura dovremo prendere in mano una fattoria in rovina e renderla, si spera, profittevole. Questo significa arare il terreno, fare la semina, costruire tutte le strutture necessarie, allevare animali e vendere i prodotti del nostro duro lavoro. Facile a dirsi ma non semplicissimo nei fatti.

[caption id="attachment_152514" align="aligncenter" width="600"]Stardew Valley screenshot Stardew Valley - screenshot[/caption]

Passate le primissime ore di gioco però ci si accorge che qualcosa di molto particolare si muove sotto la superficie da classico simulatore agreste. Esplorando i dintorni del paesello in cui abitiamo scopriremo una labirintica miniera abbandonata e strane acque refluee che escono dalle fognature ma, soprattutto, perché una multinazionale ha aperto un ufficio proprio in questa zona? E perché il vecchio centro civico del paese è sprangato da anni? Potremo occuparci di tutti questi misteri oppure ignorarli, la scelta sarà solo nostra. Stardew Valley non ci forza a fare nulla, le stagioni si succedono, gli anni passano, qualcosa cambia, qualcos’altro no ma non ci sentiremo mai costretti a determinate scelte: possiamo giocare come semplici contadini o improvvisarci indagatori, oppure ancora mettere su una famiglia fidanzandoci con una/un dolce paesana/o. Mischiando il meglio di Harvest Moon con il crafting di Minecraft e Terraria, il gioco di Barone raggiunge un equilibrio pressoché perfetto senza mai tirare troppo verso nessun aspetto dell’esperienza complessiva.

"Stardew Valley non mira a punire il giocatore o a pretendere una quota eccessiva del suo tempo libero, anzi, premia una progressione graduale, tranquilla come il grano che cresce nei campi"

Stardew Valley può essere giocato con la foga del completista o approcciandolo come uno scacciapensieri da smartphone e, in entrambi i casi, il gioco mostra una solidità sorprendente. Online sono già apparsi tool per ottimizzare lo sfruttamento del nostro terreno, calendari delle attività, studi approfonditi sulle varie coltivazioni e riguardo l’allevamento, come e dove ricercare materiali rari, tuttavia lo sviluppatore (e pure il sottoscritto) consiglia di approcciarsi al gioco senza troppo stress. Una volta comprese le dinamiche più basilari quasi ogni errore può essere corretto: Stardew Valley non mira a punire il giocatore o a pretendere una quota eccessiva del suo tempo libero, anzi, premia una progressione graduale, tranquilla come il grano che cresce nei campi.

[caption id="attachment_152515" align="aligncenter" width="600"]Stardew Valley screenshot Stardew Valley - screenshot[/caption]

Non tutto è perfetto, a tratti le radici si fanno sentire e, forse, sono troppo derivative mentre i combattimenti e alcune attività di contorno, come la pesca, sono fin troppo semplificate. Tuttavia Stardew Valley riesce a essere molto più della mera somma delle sue parti, le componenti RPG/simulatore/gestionale/avventura interagiscono talmente bene fra loro da far quasi dimenticare che l’intero gioco, dalla pixelart, ai testi, al character design è frutto del lavoro di una sola persona.

Il lavoro di Eric Barone non si rivolge a tutti, forse non scalerà le classifiche di vendita (anche se stanno già accadendo dei piccoli miracoli) ed è figlio di una concezione del gaming abbastanza inattuale; paradossalmente però è proprio questa tensione a rendere Stardew Valley tanto interessante: il ritorno dei tempi lunghi di quando i giochi dovevano offrire esperienze ripetitive, per limiti tecnologici, ma sempre diverse fra loro si fondono con la libertà dei sandbox moderni. In questo senso Barone fa il salto di qualità necessario per superare il paradigma di Minecraft e Terraria: regala al crafting estremo un contorno narrativo efficace compiendo finalmente quella rivoluzione ludica che Mojang aveva intuito già nel 2009.

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