Star Wars: The Rise of Kylo Ren #1, la recensione
L’allestimento di Star Wars: The Rise of Kylo Ren è sufficientemente intrigante da stuzzicare la sete di sapere cosa verrà, ma soprattutto come
Senza nulla togliere ai pur validi Rey, Poe e Finn, il personaggio dell’ultima trilogia che più lascia il segno è il Kylo Ren, interpretato da Adam Driver. Sia per la convincente prestazione dell’attore, sia per una scrittura che porta nel parco dei villain di Star Wars una figura sfaccettata, complessa, non facilmente “incasellabile” nei grandi stereotipi a cui la saga stellare di George Lucas ci ha abituati, l’alter ego oscuro di Ben Solo è stato giustamente al centro del grande gioco di speculazioni, interrogativi e ipotesi a cui Star Wars ci ha abituati.
A chiudere il cerchio arriva la miniserie a fumetti: The Rise of Kylo Ren, sceneggiata da uno dei numi tutelari di Star Wars alla Marvel, Charles Soule, e disegnata da Will Sliney, è un vero e proprio “Episodio VI e ½” e pare la lista dei desideri con tutto ciò che gli appassionati si sono chiesti sul personaggio e che non hanno trovato nelle pellicole: dalla graduale corruzione di Snoke all’addestramento sotto Luke Skywalker, dall’entrata in scena dei Cavalieri di Ren al crescendo che ha portato alla tragica notte della distruzione del tempio Jedi di Luke.
Paradossalmente, quelli che sono i punti deboli dei temi toccati cinematograficamente, diventano punti di forza su carta: i tempi e il dettaglio che lo scrittore può concedere alla storia finiscono per dare il giusto spessore a figure come Snoke e i Cavalieri di Ren, rivelando numerosi retroscena inediti e facendo incrociare le loro strade in modi inaspettati prima degli eventi filmici (c’è, per esempio, un preciso responsabile per l’aspetto deforme e piagato di Snoke... ma il piacere della scoperta va lasciato alla lettura!).
La struttura narrativa alterna momenti al “presente”, vale a dire all’aftermath della distruzione del tempio Jedi, quando la strada di Kylo è ormai avviata verso l’oscurità, ad altri momenti al passato che lo vedono agire come discepolo di Skywalker, consentendoci di assistere allo sviluppo del rapporto e dei problemi tra i due, elemento di cui forse più di ogni altro si è sentita la mancanza sul grande schermo. Il tutto, nella sapiente sceneggiatura di Soule, mescola ciò che sappiamo o che crediamo di sapere sui personaggi a svolte e collegamenti inaspettati che restituiscono un quadro intrigante e avvincente.
Funzionali e accattivanti i disegni di Sliney, che sembra addirittura cambiare stile in base alle scene che si alternano nella narrazione, riservandone uno più dettagliato e orientaleggiante ai Cavalieri di Ren, uno più semplificato e fanciullesco ai flashback del più giovane Ben Solo e linee esotiche vagamente inquietanti agli ambienti di Snoke.
Tutto questo solo nel primo numero, e se la partenza è di quelle con il botto, viene spontaneo chiedersi dove andrà a parare la storia nei successivi: la tragedia è annunciata, ma l’allestimento iniziale è sufficientemente intrigante da stuzzicare la sete di sapere come accadrà, anziché cosa.
Difetti? Nella serie in sé, pochissimi: non è azzardato dire che The Rise of Kylo Ren si candida a miglior fumetto dell’anno nel panorama starwarsiano, vuoi per la rilevanza dei contenuti che per il pedigree dello scrittore e dell’artista. Almeno un “difetto” va messo in conto, e cioè che siamo in pieno territorio sequel: coloro che non si sono lasciati convincere dalle vicende degli episodi VII, VIII e IX devono tenere conto che li aspetta una full immersion nelle vicende di quell’arco temporale. Eppure, perfino i più scettici dovrebbero dare una possibilità a questa miniserie: la carne al fuoco è molta e interessante, e va a colmare molte delle lacune narrative che i film non volevano o non potevano trattare.
Soule e Sliney, proprio come Kylo, promettono di finire ciò che i loro predecessori avevano cominciato.
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