Star Wars Rebels 1x12, "Call to Action": la recensione
Se alla conclusione di questa stagione l’esperimento Star Wars Rebels sarà considerato un successo, è assai probabile che Call to Action...
Sarebbe facile attribuire il merito di questo successo alla guest star di turno, il Gran Moff Tarkin, un pezzo da novanta della scacchiera galattica che, sbarcato nello scenario di provincia di Lothal (in una scena che cita, sequenza per sequenza, la scena di apertura de Il Ritorno dello Jedi proietta la sua ombra ingombrante su tutto il cast.
Anche i Ribelli, dal canto loro, decidono di alzare la posta dello scontro: le scaramucce di Lothal e le missioni a successo immediato non bastano più e giunge il momento di ampliare la “chiamata alle armi” dei potenziali insorti anche agli altri mondi dell’Impero (tema in cui si rivela l’efficacia e la lungimiranza del lavoro preparatorio svolto nell’episodio precedente con la disillusione del Senatore Trayvis).
Nello scontro finale, ognuno recita la sua parte con competenza e preparazione, ed è notevole il fatto che gli autori trovino il tempo per dimostrarci che ogni personaggio ha avuto modo, nel corso di questa breve stagione, di completare il suo piccolo cammino di crescita: incomprensioni, difetti e falle nelle personalità dei Ribelli possono essere ancora presenti (ed è giusto che lo siano) ma i personaggi del cast principale sono maturati abbastanza da saperli mettere da parte nel momento in cui si trovano ad affrontare quella che potrebbe essere per loro l’ultima battaglia. Esemplificativo da questo punto di vista è il rapporto tra Kanan ed Ezra al momento della separazione finale sulla torre: mentre in occasioni passate analoghe il tutto si sarebbe concluso con una dichiarazione di impazienza o di impotenza da parte del maestro o un atto di disobbedienza da parte del discepolo, Jedi e Padawan finalmente la vedono allo stesso modo, e il destino di Kanan (almeno per ora) si compie come previsto.
In conclusione, è generoso e abbondante, Call to Action: dall’interpretazione di Tarkin resa da Stephen Stanton, che già aveva avuto modo di emulare Peter Cushing nel corso di The Clone Wars, e che nell’impossibilità di avere l’inarrivabile interprete originale riesce a fornirne un’interpretazione fedele e convincente, al messaggio finale che Ezra riesce a trasmettere al resto del pianeta (e forse oltre?). Non ha la stessa carica simbolica e lo stesso lirismo del discorso di Obi-Wan che chiudeva il pilot della serie, ma unitamente alle immagini della distruzione della torre e dell’incarcerazione di Kanan costituisce una chiusura toccante per questo primo set dello scontro finale.
Impossibile poi non menzionare la scena-cult che ha fatto sobbalzare e discutere appassionati e spettatori di ogni genere, vale a dire l’esecuzione di Aresko e Grint, i due ufficiali di basso rango che ci avevano accompagnato per tutta la serie, per i loro ripetuti fallimenti. L’esecuzione di due ufficiali Imperiali non dovrebbe certo essere una novità nell’universo di Star Wars, ma sia il modo imprevisto in cui arriva (nel mezzo di un discorso gelidamente noncurante di Tarkin) sia per il modo in cui viene proposto visivamente (non vediamo mai direttamente né la morte né i corpi), ma le reazioni sorprese o inorridite dei presenti nella stanza rendono la scena quasi più cruda delle molte morti che ci ha proposto la trilogia classica cinematografica, con buona speranza che questo pianti l’ultimo chiodo nella bara dei pochi oltranzisti ancora convinti che la serie non osasse mai uscire dai tranquillizanti confini del “kid-friendly”.
Giunti alla chiusura di Call to Action, tutte le pedine sono disposte sulla scacchiera, e se il semplice schieramento è stato così entusiasmante, c’è davvero da sperare, con un pizzico di apprensione ma anche con una buona dose di fiducia, che lo scontro finale vero e proprio sappia costruire e superare questo esaltante primo atto. Un primo responso ci attende già nel prossimo capitolo, Rebel Resolve.