Star Wars - L'Alba degli Jedi vol. 1: Tempesta di Forza, la recensione

L'ultima grande saga stellare Dark Horse affonda nel passato remoto della galassia: ecco la nascita dell'ordine Jedi in Star Wars - L'Alba degli Jedi

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Per volere della Forza, l’ultimo grande progetto a fumetti di Star Wars targato Dark Horse è quello che più di ogni altro torna indietro nel tempo, proponendosi un obiettivo affascinante quanto ambizioso: quello di narrare le origini dell’Ordine Jedi, una nascita che stando alle cronologie del vecchio canone risalirebbe a oltre 25.000 anni prima dell’epoca cinematografica che conosciamo.

Oltre che ambiziosa a livello narrativo, L’Alba degli Jedi lo è anche a livello editoriale: prevede diversi “volumi” a fumetti che narrino le varie vicende della saga, ognuno dei quali corrisponde all’incirca a quella che è la classica miniserie di 5 o 6 numeri tipicamente adottata dalla Dark Horse per le sue produzioni stellari. Insomma, un progetto titanico, forse il più grande mai tentato dalla casa editrice dell’Oregon a fianco del ciclo di Tales of the Jedi, che non a caso può considerarsi il padre e l’ispiratore di questa nuova avventura.

A narrare questa storia speciale viene chiamato il team creativo che forse più di ogni altro ha lasciato il segno sullo Star Wars fumettistico nella gestione DarkHorse, il duo John Ostrander e Jan Duursema: fattisi le ossa in epoca “prequel” con alcuni ottimi cicli incentrati sulle Guerre dei Cloni, nell’arco del decennio i due hanno dimostrato non solo un’ottima conoscenza della (vecchia) continuity stellare, ma hanno anche saputo più di molti altri autori cogliere lo spirito e l’essenza delle storie di Star Wars, infondendo sia a livello narrativo che a livello visivo quelle sensazioni di epica, sense of wonder e azione che da sempre caratterizzano al meglio le storie stellari.

Il volume proposto da Panini Comics, il primo della serie, si intitola Tempesta della Forza, e pone di fatto le basi per quella che sarà la saga vera e propria. Ostrander si addentra, ma non troppo, sulla preistoria dei Jedi, ipotizzando quella che potremmo definire l’equivalente delle nostre “teorie extraterrestri” sull’origine della civiltà umana: presume che in tutta la galassia, a intervalli irregolari, sui vari pianeti compaiano delle misteriose astronavi che lanciano attraverso la Forza un richiamo che solo alcuni abitanti possono udire. Quegli abitanti, chiamati a salire a bordo, vengono condotti sul pianeta Tython, vero e proprio fulcro di origine della Forza, un mondo dove gli elementi naturali e il pianeta stesso vibrano e rispondono in sintonia con coloro che lo popolano. Quaggiù, i “prescelti” dalle astronavi misteriose fondano una civiltà interraziale separata dalle altre e incentrata sullo studio e sull’armonia del pianeta stesso.

La differenza essenziale con quello che sarà il futuro ordine Jedi come lo conosciamo sarà nel suo approccio alla Forza: mentre i Jedi venturi saranno votati al servizio del lato chiaro della Forza, i Je’daii del passato mirano a preservare e rispettare l’equilibrio tra luce e oscurità. A turbare questo equilibrio tuttavia giungeranno i rakata dell’Impero Infinito: antesignano dell’Impero Galattico che conosciamo, è anch’esso un consorzio con mire dittatoriali ed espansionistiche, ma ben più feroce e crudele della dittatura che Palpatine instaurerà millenni più tardi: basato sullo schiavismo e sui condizionamenti mentali, come i barbari dei tempi antichi avanza massacrando, distruggendo e divorando (letteralmente) gli sconfitti in battaglia, e fa un uso smodato del lato oscuro della Forza, specialmente grazie ai suoi segugi, schiavi decerebrati in grado di “percepire” dove si annidano nuove forme di vita nel vuoto dello spazio e di guidare i loro padroni fino a quei mondi.

In essenza, L’Alba degli Jedi narra il primo scontro tra queste due civiltà. La vicenda parte lentamente a causa dell’ovvia necessità di descrivere l’inedito scenario galattico nella sua interezza (quasi tutto il primo capitolo del volume è narrato tramite didascalie, senza dialoghi), ma una volta che i Predor dell’Impero Infinito entrano in rotta di collisione con i Je’daii di Tython, lo scontro si infiamma... anche in senso molto letterale!

Ostrander centra soprattutto un obiettivo, vale a dire quello di “personalizzare” le vicende di un’epoca attraverso gli atti e i punti di vista di alcuni protagonisti. Così come Luke, Han, Leia e Vader faranno la storia della loro epoca, anche in questo caso risulta subito chiaro che a segnare le sorti della galassia sarà un gruppo di giovani guerrieri di entrambe le fazioni, tutti ottimamente delineati e caratterizzati. Per Tython abbiamo tre giovani Je’daii, la pragmatica e severa Shae Koda, la signorile e altezzosa Tasha e il prestante e irruento Sek’nos Rath di Tython. Si incontreranno con la prima avanguardia dell’Impero Infinito, il segugio Xesh, cresciuto e plagiato secondo le crudeli dottrine dei Rakata, e che ora scopre improvvisamente che esistono vie alternative alla vita di sangue e morte che ha sempre conosciuto.

Vale la pena di aggiungere un ultimo personaggio al cast, vale a dire lo stesso Tython: Ostrander riesce anche a trasmettere bene l’idea del pianeta come una vera e propria entità vivente, che reagisce, risponde e si imbizzarrisce di fronte alle interferenze che gli scontri tra i guerrieri provocano e risponde a modo suo, tramite gli elementi, le creature e i flussi di energia che lo popolano.

Difetti? Ne affiorano principalmente due: forse è sbagliato pretendere qualcosa di diverso da una serie che si intitola “L’Alba degli Jedi”, ma a volte si ha l’impressione che l’immersione nelle vicende di Je’daii, Rakata e Forza sia onnipresente ed eccessiva: uno squarcio su un periodo storico galattico completamente diverso sarebbe più interessante se fosse comprensivo anche del resto dei pianeti, della gente comune e delle vicende galattiche “normali”. Del resto, come la formula originale di Star Wars insegna, i fruitori della Forza risultano più interessanti quando contrastano e sono messi a confronto col resto della popolazione galattica: cacciatori di taglie, soldati, mercenari, diplomatici e piloti. Una serie dove tutti i protagonisti, dal primo all’ultimo, sono consumati fruitori della Forza fa inevitabilmente venire in mente le parole del cattivo Sindrome negli Incredibili: “Quando tutti saranno super... non lo sarà più nessuno.”

Un secondo elemento da tenere d’occhio è la durata dell’opera, che richiede al lettore un impegno di attenzione e di fedeltà fuori dal comune: il primo volume, di quasi un centinaio di pagine, pone in essenza solo le basi di quello che sarà il conflitto vero e proprio, da esplorare nei volumi successivi. Di conseguenza, chi decide di addentrarsi nella lettura de L’Alba degli Jedi farà bene a farlo tenendo a mente che sarà una storia destinata a spaziare e a svilupparsi in tempi molto lunghi.

Detto questo, la lettura si rivela comunque piacevole e coinvolgente, e la chiusura di questo primo ciclo di vicende lascia i protagonisti in situazioni di cui non si vede l’ora di conoscere gli sviluppi, in puro stile L’Impero Colpisce Ancora. I lettori e i fan più appassionati, poi, non mancheranno di gustare le numerose chicche che Ostrander dissemina per la serie, citando e collegando elementi provenienti da tutto l’universo espanso. L’autore gioca con la storia dei pianeti che conosciamo (alcuni con un passato insospettabile, come Tatooine, all’epoca un pianeta... oceanico, ed altri invece il cui destino era scritto fin dall’alba dei tempi, come Byss, votato al lato oscuro della Forza e sede dell’Impero Infinito già da allora) e, proprio come le navi misteriose che danno il via alla vicenda, “preleva” qua e là dalle vicende del vecchio universo espanso elementi che poi fonde in un insieme funzionale e coeso: dalle streghe di Dathomir ai Sith di Korriban, fino alla famigerata Forgia Stellare che i giocatori del videogame Knights of the Old Republic e i lettori delle vicende di Revan conosceranno fin troppo bene.

Per alcune cose, L’Alba degli Jedi rinvia necessariamente il suo giudizio finale ai volumi successivi della serie, ma come incipit di un esperimento mai tentato prima è sufficientemente intrigante e coinvolgente da catturare il lettore. Per usare le parole di Obi-Wan, mai come in questo caso, è una serie che guida il lettore a “fare il suo primo passo in un mondo più vasto.”

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