Star Wars - Episodio III - La vendetta dei Sith

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, due amici perdevano fiducia l’un l’altro, mentre la Repubblica si trasformava in uno spietato Impero...

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Né odio, né amore. Freddezza. E’ la sensazione maggiore che ho provato durante le due ore e passa dell’ultimo capitolo della saga stellare di George Lucas. Sensazione alla quale il regista ci ha abituato, fin dal suo esordio, L’uomo che fuggì dal futuro. Ma mentre in quel caso si trattava della volontà precisa di esprimere l’angoscia verso un possibile destino (pur con tutti i limiti di quella pellicola), nella nuova saga di Guerre Stellari (e, in parte, anche in quella vecchia) mi sembra che ci sia stato sempre poco interesse ai personaggi portati in scena, a vantaggio del livello tecnico degli effetti speciali.

Facciamo qualche esempio. Yoda è probabilmente il punto più alto mai raggiunto da un personaggio in CGI. Siamo su livelli probabilmente superiori a quelli di Gollum. Ma è così importante, se consideriamo che la creatura de Il Signore degli Anelli è capace di sconvolgere lo spettatore e di provocargli emozioni diversissime nel corso della trilogia, mentre Yoda non fa che ripetere frasi, francamente, non proprio memorabili?
Ancora. Ogni volta che l’azione si sposta, assistiamo a delle panoramiche degli ambienti che ci circondano. Panoramiche che ci mostrano il lavoro mostruoso realizzato dalla ILM e spesso dei luoghi bellissimi. Ma panoramiche, alla fin fine, stancanti, che non aggiungono nulla alla narrazione e ovviamente sono ben poco emozionanti (inutile fare confronti con Edoras o Le miniere di Moria, da questo punto di vista).
Mi rendo conto che i paragoni con Il Signore degli Anelli sanno tanto di diatriba tra tifosi di calcio. D’altronde, non è la stessa ILM che ci tiene a far sapere che per Episodio III sono stati realizzati più effetti speciali che per tutti i film della saga di Peter Jackson?

L’inizio era abbastanza chiaro. Evoluzioni pazzesche di Anakin e Obi-Wan nelle loro navicelle spaziali, il tutto corredato da battutine e scambio di complimenti, forse poco adatti al tono della pellicola (anche perché questa sorta di introduzione dura quasi mezz’ora, decisamente troppa). Le risate (involontarie) proseguono anche quando si nota con stupore che Obi-Wan non chiede ad Anakin spiegazioni della morte del Conte Dooku.
Da lì, inizia un altro film, che piano piano ci fa scendere negli abissi dell’animo umano. O almeno queste dovrebbero essere le intenzioni.

Infatti, se sul piano della trama è tutto sommato accettabile (pur con qualche forzatura) il passaggio verso il lato oscuro della Forza di Anakin Skywalker, non si rimane molto soddisfatti dell’approfondimento psicologico dei personaggi principali. E se la nuova trilogia ci dovrebbe aver insegnato a non aspettarci troppo da questo punto di vista, bisogna anche dire che qui il caso è più grave. Infatti, è evidente l’intenzione di trasformare La vendetta dei Sith in una sorta di tragedia greca scritta da Shakespeare (ascoltate quello che dice Amidala in Senato e ditemi se non è stato preso il Bardo come punto di riferimento).

Peccato che lo sceneggiatore George Lucas non valga un decimo del tecnico George Lucas. E se questa in sé non sarebbe una colpa, ci si chiede con stupore perché uno dei pochi registi veramente indipendenti di tutta la storia del cinema non abbia l’umiltà di cercarsi qualcuno che in questo settore ci sappia fare. D’altronde, L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi li scriveva Lawrence Kasdan (che in quel decennio, tanto per ridere, buttava fuori roba come I predatori dell’arca perduta, Brivido caldo, Il grande freddo e Turista per caso). Se il meglio che si è potuto trovare per la nuova trilogia è Jonathan Hales (Il re scorpione), in effetti forse è meglio risparmiare i soldi e fare tutto da soli.

A questo proposito, il primo incontro tra Amidala e Anakin è indicativo. Quella che dovrebbe essere una storia segreta viene sbandierata in pubblica piazza. Da lì in poi, si succedono una serie di scene con dialoghi agghiaccianti, sicuramente l’aspetto peggiore del film (in particolare quando si parla di politica con toni da telenovela). E ci si chiede come sia possibile che una principessa incinta senza marito (almeno non ufficialmente) non desti nessuno scandalo. Che nella Galassia siano molto più aperti mentalmente di noi (ma almeno un po’ di sana curiosità , suvvia...)?
E soprattutto, si nota un’assenza totale di introspezione psicologica, che ci dovrebbe mostrare qualcosa che non sappiamo già dei due e che magari ci colpisca nel profondo.

In questi problemi, non si può certo dire che Lucas venga aiutato dagli attori. Natalie Portman è sicuramente la peggiore e qui una domanda sorge spontanea. Come è possibile che la straordinaria interprete di Closer nelle mani di George Lucas si trasformi in una dilettante (peraltro, molto meno attraente di quanto avvenga nella pellicola di Mike Nichols)? E anche Hayden Christensen (che tutto sommato non è disprezzabile in questa occasione) ha dato prove di sé decisamente superiori (L’ultimo sogno e L’inventore di favole). Rimane poi Ewan McGregor, che però dal secondo episodio sembra aver decisamente smesso di credere nel personaggio e nella storia che dovrebbe portare avanti. Qui a tratti è fastidiosissimo in questo senso.
Gli altri? Molto bravo Ian McDiarmid come Palpatine, anche se con qualche eccesso nello scontro con Mace Windu (ma credo che anche il doppiaggio sia un po’ troppo istrionico). Decisamente meno convincente Samuel L. Jackson, anche lui, come McGregor, non molto a suo agio nell’universo lucasiano.

Veniamo alle cose migliori (a parte, ovviamente, gli effetti speciali). Da qui c’è qualche spoiler, anche se probabilmente sapete già tutto. Credo che la mia scena preferita sia lo scontro tra Palpatine e Yoda. Non solo perché, effettivamente, funziona, ma anche per il luogo in cui è ambientato, che descrive meglio di mille parole il passaggio dalla Repubblica all’Impero.
Buone anche le scene che mostrano il massacro dei jedi, anche perché non ci si attendeva il coraggio di mostrare i bambini in scena.
Meno interessante lo scontro finale Anakin - Obi Wan. All’inizio è solo azione e ci si chiede perché non esprimano verbalmente i loro sentimenti. Poi dicono delle assurdità (“sto più in alto di te”) e si capisce che in effetti è meglio farli tacere. Peraltro, l’idea che Obi-Wan abbandoni Anakin al suo destino, nonostante abbia un certo impatto, fa a pugni con la logica (non sarebbe stato meglio dare il colpo di grazia e sbarazzarsi di un avversario simile?).
E la “nascita” di Darth Fener non mi ha entusiasmato molto (in particolare, il momento alla Frankenstein, abbastanza grottesco).
La cosa peggiore però riguarda, tanto per cambiare, Amidala. La scena del parto è ridicola, sia perché, più che una donna, sembra un tostapane, considerando la sua rapidità nello sfornare bambini, sia perché si conclude con un momento da Hot Shots (ma che purtroppo dovrebbe essere drammatico). E anche l’assegnazione dei bambini è veramente tirata via e fastidiosa...

Infine, con Episodio III si può trarre un bilancio. Di sicuro, per me è difficile parlare di una saga di sei episodi, in quanto preferisco vederla come due trilogie. E non tanto per la differenza qualitativa (che c’è, anche se io non sono mai stato un fervido appassionato neanche della prima), ma perché gli anni passati tra Il ritorno dello Jedi e La minaccia fantasma si vedono tutti.
E viene da chiedersi cosa succederebbe se, per assurdo, ai posteri rimanesse soltanto la trilogia nuova. Ho idea che, senza il bagaglio emotivo degli episodi classici, questi ultimi verrebbero decisamente ignorati...

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