Star Wars #50, la recensione
Abbiamo recensito per voi il 50° numero di Star Wars, serie ammiraglia Marvel del franchise Disney
Una saga longeva e in perenne evoluzione come quella di Star Wars ha il peculiare vantaggio di essere spesso lo specchio dei tempi dell’epoca in cui vive, almeno per quanto riguarda il settore della cultura pop e dell’intrattenimento multimediale. Un fatto che acquista particolare risalto nel momento in cui si mettono a confronto due momenti analoghi, editorialmente parlando, ma separati da una distanza temporale di quasi quarant’anni. Parliamo del numero #50 della serie stellare ammiraglia della Marvel. Quella della run originale, pubblicata nel 1981 a ridosso dell’uscita nei cinema de L’Impero colpisce ancora, narrava di un’esotica scorribanda del gruppo di eroi principali che, alle prese con una strana epidemia da debellare, il Crimson Forever, vedeva i consueti Luke, Leia, droidi, Chewbacca e Lando impegnarsi in un’avventura dalle atmosfere pulp e dalle ambientazioni sgargianti più debitrici che mai di Flash Gordon e della letteratura sci-fi che George Lucas tanto ha amato.
Per inquadrare meglio questa scelta quanto mai anomala di “festeggiare” un anniversario come il cinquantesimo numero occorre fare un passo indietro ed esaminare tutta la struttura narrativa che lo sceneggiatore di Darth Vader e Doctor Aphra ha messo in piedi da quando ha rilevato le redini della serie dall’ottimo Jason Aaron. Il “manifesto programmatico” della serie a fumetti di Star Wars è di colmare i tre anni di eventi che separano Episodio IV - Una Nuova Speranza da Episodio V - L’Impero colpisce ancora, due capitoli apparentemente contigui ma che presentano situazioni e protagonisti e molto differenti l’uno dall’altro.
Gillen aveva già tentato qualcosa del genere nella prima serie dedicata a Vader, dove aveva mostrato con ottimi risultati il percorso che vedeva l'Oscuro Signore dei Sith “risalire la china” da unico sopravvissuto - e quindi unico responsabile - del disastro della Morte Nera a capo supremo della Flotta Imperiale. Sbarcato sulle pagine di Star Wars, lo scrittore si prefigge il compito analogo di narrare l’evoluzione della Ribellione, ma se nel caso di Vader si trattava di raccontare soltanto un’ascesa, ora la narrazione è duplice: serve prima raccontare di una Ribellione che guadagna supporto e terreno subito dopo la vittoria nella Battaglia di Yavin, e poi una caduta, che la ridurrà allo sparuto gruppuscolo di combattenti per la libertà costretto a rintanarsi su Hoth, dopo che l’Impero avrà dato loro la caccia fino ai confini più remoti della galassia. Star Wars #50 è, né più né meno, il turning point di questa parabola narrativa, il punto focale dove l’ascesa finisce e la caduta ha inizio.
Così come i disegni di Salvador Larroca, la narrazione di Gillen risulta secca, fredda e inquietante, da questo punto di vista. L'albo è facilmente divisibile in due parti ben distinte: la prima metà è dedicata al “raduno” della neonata Flotta Stellare Ribelle e alle ipotetiche celebrazioni che dovrebbero vedere l’Alleanza passare allo stadio successivo della Guerra Civile Galattica: una sequenza di discorsi, di celebrazioni e di congratulazioni venate perfino da un pizzico di hubris e di arroganza che lasciano presagire che qualcosa di drammatico sta per accadere; la seconda metà è appunto incentrata sulla catarsi oscura che infrange i sogni di gloria della Ribellione: la Flotta Ribelle viene assalita da quella Imperiale comandata da Vader e al gran completo, ed è impossibilitata a reagire a causa del sabotaggio di un traditore tra le sue fila. Segue quella che è una lunga scena di morte, distruzione e disperazione a scena aperta come raramente Star Wars ha mai deciso di mostrare.
Ha visto bene chi ha detto che Gillen ha voluto “regalare” a Star Wars le sue Nozze Rosse, perché la sensazione di catastrofe improvvisa e di gelido tradimento che attanaglia i protagonisti è esattamente quella. A Luke Skywalker e compagni andrà decisamente meglio che a Robb Stark e famiglia, dopotutto hanno un appuntamento cinematografico a cui non possono mancare, ma la sensazione di rovina assoluta è tangibile e imponente, e l’episodio si chiude lasciando anche il più smaliziato dei lettori a chiedersi genuinamente come e chi potrà uscire vivo dalla catastrofe in atto.
È dunque una celebrazione oscura quella che Gillen ha pianificato per le “nozze d’oro” dello Star Wars fumettistico, ma che comunque ha molto da regalare sia agli appassionati della continuity (i cammeo si sprecano, dal Draven di Rogue One alla Hera Syndulla di Rebels) ma anche a chi ama vedere i pezzi dell’universo fumettistico andare a incastrarsi nella cornice globale della saga. Da questo punto di vista, Star Wars #50 merita il suo status di pietra miliare: la gelida battuta finale di Vader, quella che dà il nome alla storia, è "Hope dies", "La speranza muore". Quella stessa speranza che nel titolo di Episodio IV si era presentata come “nuova”, si spegne su queste pagine. Se volessimo essere facili profeti, tutto lascerebbe credere che i prossimi cinquanta numeri siano destinati a portarci fino alla fondazione della base di Hoth e a un numero #100 che chiuda il cerchio in maniera simmetrica e perfetta. Difficile dire se Gillen avrà le redini della serie in mano fino ad allora, ma se così fosse, non ci sarebbe troppo da stupirsi se la sua mente pianificatrice a lungo termine puntasse a questo risultato.
Proprio perché la storia principale si chiude con il più agghiacciante dei cliffhanger, c’è la necessità di un racconto d’appendice che, come in una sorta di “dietro le quinte”, ci mostra i passi di Vader nell’orchestrare il complotto e piantare i semi del suo piano in tempi non sospetti. Una storia dove Gillen torna per qualche pagina alle “origini”, presentandoci le gesta in solitaria del suo personaggio per eccellenza, e che ha quasi lo scopo di provare a “razionalizzare” la strage perpetrata così inaspettatamente nel capitolo principale.
In conclusione: se amate lo Star Wars oscuro, adulto, drammatico e realistico, difficilmente troverete un picco più alto di questo numero celebrativo. Chi è alla ricerca di avventure e di toni più entusiasti e scalmanati, è invece avvertito: da adesso in poi iniziano i tempi bui per la Ribellione...