Star Trek: Strange New Worlds 2x08, la recensione

Il nuovo capitolo di Star Trek: Strange New Worlds è una sinfonia dolente e ambigua su traumi indelebili e zone di grigio tra bene e male

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Spoiler Alert

La nostra recensione di Sotto la cappa della guerra, ottavo episodio della seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds, disponibile su Paramount+

Cicatrici incancellabili, ambiguità, rimorso e rimpianto sono al centro dell'episodio più dolente che Star Trek: Strange New Worlds ci abbia donato finora. Trattasi di Sotto la cappa della guerra, puntata che prende il via da una premessa, invero, piuttosto tranquilla. Eppure, la serie riesce a guidare con successo l'Enterprise in territori oscuri e spesso inesplorati, pregni di dilemmi morali. Sotto la cappa della guerra, scritto da Davy Perez e diretto da Jeff W. Byrd, fonde perfettamente narrazioni avvincenti, intrighi politici profondamente radicati e una minuziosa disamina della psiche umana.

Fin dall'inizio, l'episodio crea un'atmosfera emotivamente gravosa, ponendo le basi per l'arrivo del disertore Klingon Dak'Rah (Robert Wisdom). Ogni momento della sua permanenza a bordo dell'Enterprise è intriso di incertezza, tensione e aggressività repressa. Il Capitano Pike di Anson Mount brilla come abituale faro dell'ottimismo, offrendo un netto contrasto con i ricordi di guerra di M'Benga (Babs Olusanmokun) e Chapel (Jess Bush), che contro le armate di Dak'Rah hanno combattutto, vedendone gli scempi.

Oscuri trascorsi

Uno dei tanti punti di forza di questo episodio è, infatti, la sua abile gestione dei flashback. Il teatro di guerra della luna J'Gal devastata è stato reso con agghiacciante precisione, sfondo inquietante di decisioni difficili per Chapel e M'Benga. La scena in cui il medico deve eliminare il buffer del teletrasporto per accogliere i soldati feriti in arrivo, sacrificandone uno per salvarne molti, è straziante. Star Trek ha spesso posto i propri protagonisti dinanzi a scelte ardue; Sotto la cappa della guerra enfatizza questo aspetto, calandolo in un contesto bellico in cui ogni decisione deve fare i conti con un senso di imminente pericolo.

In questo senso, la "cappa" è ben percepibile: il passato diviene protagonista al fianco di M'Benga e Chapel. L'audace, evocativa sceneggiatura di Davy Perez fornisce agli spettatori una narrazione sfumata e stratificata che sovverte le aspettative; inoltre, cosa non facile, destruttura abilmente i miti della Flotta Stellare, scavando nel cuore dei suoi personaggi e analizzando il retaggio della guerra e le ferite insanabili di un trauma personale.

Persona non grata

Il ritratto di Robert Wisdom di Dak'Rah, disertore moralmente ambiguo è potente e avvincente. Le sue scene con M'Benga di Babs Olusanmokun sono un capolavoro di tensione drammatica, sintomo del profondo impatto della guerra sulla psiche dei personaggi. Il Rah di Wisdom si muove sapientemente attraverso le zone grigie e aggiunge uno strato di empatia a un personaggio altrimenti atroce, offuscando efficacemente i confini tra buono e cattivo.

Per non dimenticare il vibrante cast di supporto, Uhura (Celia Rose Gooding) e Ortegas (Melissa Navia) animano vivacemente il dibattito in corso sulla presenza del klingon, incarnando lo scontro di prospettive a bordo dell'Enterprise. Le correnti emotive sotterranee sono gestite in modo brillante, specialmente durante la scena della cena, che funge da focolaio ribollente di emozioni contrastanti. Una polveriera sul punto di esplodere, tenuta sotto controllo da un attento Pike che non abbassa mai la guardia.

Bene e male

Se, come detto, tutte le interpretazioni di questo episodio sono eccellenti, è Babs Olusanmokun nei panni di M'Benga a offrire una vera lezione di recitazione. La sua performance è capillarmente sfaccettata e trasmette magnificamente la lotta interna del dottore col disturbo da stress post-traumatico. La rivelazione che il vero Macellaio di J'Gal non è Dak'Rah ma M'Benga è una svolta sbalorditiva, che sconvolge drammaticamente la nostra idea del personaggo.

Una scoperta che non solo espone la fallibilità e i lati nascosti dei protagonisti, ma pone le basi per intriganti sviluppi futuri. Rispetto alla prima stagione, M'Benga sta assurgendo a personaggio straordinariamente tridimensionale, dotato di lati oscuri che non negano ma anzi esaltano la sua caratura morale. Sappiamo di essere davanti a un uomo buono, ma Star Trek ci mostra qui - cosa assai rara nel franchise - come anche i buoni possano macchiarsi di atti efferati, ponendo un sagace dubbio sulla linea di demarcazione tra bene e male.

Un universo in espansione

L'episodio utilizza abilmente la tradizione di Star Trek a proprio vantaggio. L'inserimento del Mok'Bara, arte marziale Klingon che gli spettatori di The Next Generation ricorderanno praticata da Worf, si aggiunge al confronto tra Rah e M'Benga. Siamo di fronte a una puntata capace di integrare il canone più ampio nella propria narrativa senza farlo sentire forzato.

Ci sono accenni toccanti alle precedenti serie del franchise. Dal citato Mok'Bara al Raktajino (comparso per la prima volta in Deep Space Nine), tutto aggiunge profondità all'universo rappresentato. Inoltre, l'esplorazione del Protocollo 12 e delle sue implicazioni amplifica ulteriormente i dilemmi morali dell'universo della Flotta Stellare. Nota a parte merita il cameo di Clint Howard, fratello del regista Ron nonché veterano di Star Trek, la cui prima apparizione nel franchise risale alla serie classica, quando - bambino - interpretò l'alieno Balok nell'episodio L'espediente della carbonite.

Una luminosa promessa

Oltre che per la qualità di scrittura, questa puntata merita un plauso anche per la sua magistrale esecuzione. La regia di Jeff W. Byrd è visivamente superba nell'uso di luci e inquadrature atte a ritrarre lo stato mentale dei personaggi e il pervasivo senso di terrore dell'episodio. Nonostante la drammaticità del tema portante, l'episodio gode di momenti di leggerezza e calore, come le battute durante il tour di Rah sull'Enterprise e il tentativo di Spock di confortare Chapel. Momenti che ricordano il profondo cameratismo e l'amicizia tra l'equipaggio e forniscono una tregua necessaria dalle parti più tragiche dell'episodio, infondendo speranza e ottimismo intrinseci all'etica di Star Trek.

Sotto la cappa della guerra è un ambizioso gioiello che allarga i confini della narrativa di Star Trek e non ha paura di esplorare gli angoli più oscuri della condizione umana. Mette in mostra il meglio di ciò che Star Trek: Strange New Worlds ha da offrire: una trama complessa e stratificata, intense dinamiche tra personaggi e una profonda esplorazione dei dilemmi morali. Combina spinosi temi socio-politici e una narrazione intima ed emotiva, fornendo una visione ricca di sfumature che tenta di riconciliare le atrocità del passato con il desiderio di pace.

In conclusione, Sotto la cappa della guerra è una puntata ambiziosa, coraggiosa e stimolante. Mette in mostra il meglio di ciò che può essere Star Trek e innalza l'asticella delle aspettative per gli episodi futuri. Non solo procede boldly, ma ci accompagna in un viaggio suggestivo e toccante; è un tour de force, un drammatico tuffo nel dolore e nel trauma, raccontato attraverso la lente dell'universo che amiamo. Imperdibile, non solo per i Trekkie, ma per chiunque sia alla ricerca di un esempio di grande narrazione.

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