Star Trek: Strange New Worlds 2×02, la recensione

Con Ad Astra Per Aspera, Star Trek celebra i principi originari del franchise in un toccante episodio che concilia tradizione e attualità

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Spoiler Alert

La nostra recensione di Ad Astra Per Aspera, la seconda puntata della seconda stagione di Star Trek: Strange New Worlds, disponibile su Paramount+

Meglio dirlo subito: Ad Astra Per Aspera è, a oggi, il miglior episodio che Star Trek: Strange New Worlds ci abbia offerto. Lo è non solo per i fan nostalgici, che in esso ritroveranno la summa di ciò che ha reso grande Star Trek sin dalle sue origini di cartapesta, ma anche gli spettatori che si fossero accostati solo in tempi recenti al franchise potranno infatti trovarvi elementi di interesse e un'eco di innegabile potenza rispetto al nostro presente.

La premessa dell'episodio affonda le radici nel finale della precedente stagione di Star Trek: Strange New Worlds, quando Una Chin-Riley (Rebecca Romijn) era stata arrestata da un drappello della Federazione per aver taciuto sulla propria origine illyriana. Per chi non ricordasse: gli illyriani sono una specie la cui cultura è strettamente interconnessa con modificazioni genetiche atte a migliorarne la fisiologia. Per questo motivo, il popolo in questione è tuttora escluso dalla Federazione, scottata per le cosiddette "guerre eugenetiche" inizialmente collocate dalla serie tra il '92 e il '96.

Detenuta in attesa di giudizio

Ad Astra Per Aspera si configura, da subito, come un episodio giudiziario. Un grande classico per Star Trek, che sin dalla serie classica aveva approfittato di questo formato per trattare tematiche scomode per i propri tempi. Dopo un rapido flashback sull'infanzia di Una, atto a sottolineare i rischi della sua condizione di "mutata", torniamo al presente: l'ex Primo Ufficiale è detenuto in attesa di giudizio e le viene offerto un patteggiamento dal capitano Batel (Melanie Scrofano): se accetterà, Una verrà congedata con disonore senza dover scontare ulteriori pene.

Inutile dire che Pike (Anson Mount) non sia minimamente disposto a rinunciare al suo Primo Ufficiale senza prima combattere; per questo motivo, si reca sulla Nebulosa Volterra per parlare con Neera (Yetide Badaki), agguerrito avvocato nonché amica d'infanzia di Una. Inizialmente, Neera sembra tutto fuorché interessata ad assumersi la difesa di Una; la conversazione col capitano lascia trapelare trascorsi dolorosi tra le due ex amiche. Pike fa allora leva sull'attivismo di Neera, impegnata a lottare contro la Federazione per affermare i diritti degli illyriani: la difesa di Una offrirebbe all'avvocato un palco di grande risalto per poter far ascoltare la propria voce.

Legge e giustizia

Il processo a Una è molto più di una mera operazione nostalgia. Certo, non mancano riferimenti a La misura di un uomo, memorabile episodio di Star Trek: The Next Generation, o a quel Corte Marziale della serie classica - da cui desume anche le decorazioni sulle uniformi - e ad altre puntate meno celebri con la medesima impostazione; ma c'è altro, molto altro. Sin dalle prime battute del processo, Ad Astra Per Aspera ci tiene a mettere in chiaro la dicotomia tra legge e giustizia. A rischiare la carriera in nome dell'idealismo non è più solo Una, ma anche Pike e l'intero equipaggio dell'Enterprise, colpevoli di aver coperto la natura illyriana del Primo Ufficiale.

Fortunatamente per i nostri, Neera è una vera forza della natura. Sin da subito, l'avvocato (e, con essa, l'intera puntata) pone l'accento sulla storia dei diritti civili. Quante cose un tempo ritenute illegali vengono oggi considerate diritti inviolabili? Inoltre, con l'interrogatorio dell'ammiraglio April (Adrian Holmes) Neera mette in risalto i doppi standard della Flotta Stellare. April ha infatti ripetutamente contravvenuto alla Prima Direttiva in nome, di volta in volta, di un bene superiore. Se la carriera dell'ammiraglio è rimasta giustamente intoccata dalle sue decisioni fuori dagli schemi, perché quella di Pike dovrebbe subire ripercussioni?

Persecuzioni di ieri, persecuzioni di domani

A scaldare il cuore del pubblico intervengono poi le accorate deposizioni di La'an (Christina Chong), Spock (Ethan Peck) e M'Benga (Babs Olosanmokun). Dalle loro parole, emerge un ritratto di Una sfaccettato e ispirante, che mette in luce i benefici da lei apportati alla Federazione. Ma è l'intervento di Una a costituire l'apice di Ad Astra Per Aspera. Il racconto della sua infanzia assomiglia tristemente alle tante testimonianze di questa o quella minoranza perseguitata nel corso dei secoli; un racconto di discriminazione, di odio, di dolore e folle ghettizzazione che spezza legami con la noncuranza di un cieco rasoio.

L'unico modo per sfuggire alla falce della persecuzione è stato, per Una, celare la propria identità. Nascondere, in breve, una natura della quale non aveva colpa alcuna, sempre che di colpa si possa parlare. La sua famiglia è riuscita a mimetizzarsi, al contrario di altre che sono state invece emarginate. Una fortuna che ha consentito a Una di entrare nella Flotta, ma che ha gravato come un'ombra sulla sua coscienza per molti, molti anni. Ed ecco la rivelazione dell'episodio: è stata Una stessa ad autodenunciarsi alla Federazione, stanca di portare avanti una bugia trentennale. Stanca di vergognarsi senza motivo, stanca di dover negare una parte di sé per essere accettata in un contesto, quello della Flotta Stellare, che sin da bambina si era presentato ai suoi occhi come faro d'inclusività e baluardo di diversità.

Born this way

Una voleva essere vista nella propria interezza, per essere compresa appieno da coloro che le erano più cari: un'esigenza emotivamente potentissima, che crea un collante profondo con lo spettatore. In più, confidava nella possibilità di essere accettata dalla Flotta Stellare che, da sempre, punta alle stelle attraverso le asperità. Ad Astra Per Aspera non è solo un motto, ma diviene qui grido di speranza tanto per Una quanto per tutte le minoranze perseguitate, che invocano l'aiuto di un mondo che deve necessariamente puntare al miglioramento.

L'accorata confessione di Una sembra non smuovere la corte, che ribadisce la necessità di seguire la legge. È allora che Neera svela le sue carte, incastonando tutte le testimonianze - favorevoli e non - raccolte fino a quel punto in un mosaico perfetto. Appellandosi a un articolo del codice della Flotta Stellare, dimostra come l'omissione di Una e la menzogna di Pike fossero, in realtà, legalmente legittime data la situazione di pericolo. La vittoria giudiziaria che l'avvocato ottiene garantisce a Una il rientro come Primo Ufficiale sull'Enterprise, e al pubblico una dose di commossa soddisfazione che il franchise di Star Trek non offriva da un po'.

La misura di un franchise

Si potrebbe parlare a lungo di ciò che rende un episodio come Ad Astra Per Aspera l'esempio perfetto di tutto ciò che di meglio Star Trek ha da offrire. La chiave possiamo trovarla, semplicemente, nel titolo stesso di questa costola del brand, in quegli strani nuovi mondi che Gene Roddenberry pose al centro del viaggio dell'Enterprire nel lontano 1966. Un'epoca distante solo sulla carta, poiché l'eco delle battaglie di quel tempo - portate avanti dalla serie sotto la cupola allettante della fantascienza - non differisce, per spirito, da quelle odierne.

Puntare al nuovo, laddove quel nuovo diviene fonte di miglioramento, pace e inclusione, rappresenta il cuore pulsante che ha animato Star Trek sin dai primi passi, e trovare in Strange New Worlds una declinazione efficace di quel messaggio originario è qualcosa che genera tanto entusiasmo quanta riflessione. Per Aspera Ad Astra non sposa un relativismo di comodo che dia ragione tanto ai perseguitati quanto ai persecutori, no: dimostra, ogni ragionevole dubbio, che ogni legge discriminatoria è, di per sé, ingiusta. Un inno potente e coraggioso, una bussola luminosa che, attraverso le avversità, resta puntata verso le stelle.

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