Star Trek: Picard 2x10 “Farewell”: la recensione
Star Trek: Picard tira le fila della seconda stagione con un finale frettoloso e semplicistico, più concentrato sul futuro che su una conclusione soddisfacente
Gli elementi al centro della narrazione del season finale
Proviamo a mettere ordine. Nascondino chiudeva molte delle storyline introdotte fin lì nella serie, su tutte la rinascita della regina Borg, e prometteva di dedicare tutta la sua attenzione rimasta al lancio della missione Europa, ancora misteriosamente importante per il destino dell’universo. Farewell, invece, dedica a questa parte della trama pochi, frettolosi minuti, risolvendola in un modo più soddisfacente per gli sceneggiatori (che riescono a prendere i famigerati due piccioni con un razzo) che per il pubblico. E dedica anche attenzione a chiudere la storia di Kore, che sembrava scomparsa e che invece finisce bruscamente reclutata per un viaggio allucinante ai confini della galassia i cui dettagli vi lasciamo il piacere di scoprire – sappiate solo che il tutto succede in una scena completamente scollegata dal resto dell’episodio e che assomiglia più che altro al trailer di un’altra serie che ancora non esiste (o forse sì?).
La vita di Picard assoluta protagonista della serie
La verità vera, però, è che tutta la seconda stagione di Star Trek: Picard è sempre stata interessata a parlare di una cosa in particolare: Jean-Luc Picard. Gli ultimi episodi avevano esplicitato a colpi di flashback il fatto che la serie non sia altro che una gigantesca seduta psicologica mascherata, nella quale il capitano (ammiraglio?) mette a nudo tutte le sue debolezze e scava nel suo passato e nel suo inconscio alla ricerca delle radici profonde del suo essere e di quel sottoinsieme di queste radici che va eliminato per permettergli di diventare una persona migliore. Tutto quello che ruota intorno a Patrick Stewart è in ultima analisi accessorio, e il decimo e ultimo episodio della stagione finalmente lo esplicita nel confronto finale tra Picard e Q.
Confronto del quale non vi diremo assolutamente nulla, un po’ perché è importante che vi godiate un John de Lancie in forma smagliante, un po’ perché è in quella breve conversazione che si nasconde il vero cuore di Picard, il vero motivo per cui questa seconda stagione esiste. “Perché deve sempre avere tutto a che fare con il destino della galassia? Perché deve essere sempre tutto importante?” chiede Q a Picard. E anche al pubblico: perché volete sempre che ci sia di mezzo la fine della galassia e non siete capaci di godervi una storia piccola, intima, personale? È un messaggio quasi provocatorio, e funzionerebbe di più se la mezz’ora precedente (e i minuti successivi) non fosse strapiena di conversazioni proprio sul tema “il destino della galassia”.
E soprattutto se l’ultimo episodio non dedicasse così tanto tempo a stravolgere il canone trekkiano in modi clamorosi, irreversibili e tutt’altro che intimi e privati. Anche qui niente spoiler, ma non vi stupirà sapere che anche Alison Pill fa un salto per salutare Picard, e mentre lo fa porta con sé una rivoluzione che, ai tempi di The Next Generation, avrebbe fatto esplodere milioni di teste in tutto il mondo. È tutto materiale per la prossima stagione, senza dubbio, e probabilmente per altre serie collegate a Picard; ma depotenzia un po’ tutto il discorso sull’ignorare il destino della galassia per concentrarsi su cose più piccole e domestiche. Quello che intendiamo dire è: che cosa vuole Picard da noi? Vuole che pensiamo alla rivoluzione politica che sta per stravolgere la Federazione, o che torniamo insieme a Jean-Luc tra i corridoi del suo castello in cerca della radice del suo senso di colpa?
Un bilancio deludente per la seconda stagione
La verità è che la serie avrebbe dovuto prendere posizione a riguardo ben prima dell’ultimo episodio; e che arrivata in vista del traguardo si è vista costretta al cerchiobottismo, alla conclusione che smentisce sé stessa, e anche a infilare un sendoff dietro l’altro (“cosa succede a Rios? Come sta Elnor? Cosa faranno Raffi e Seven?”, tutto risolto in una mitragliata di scene brevissime e insoddisfacenti) invece di arrivarci organicamente con la narrazione. È un peccato, soprattutto perché anche questo episodio dimostra che, quando Picard non è imbrigliata dalle necessità di una sceneggiatura troppo astrusa e può dedicarsi a fare più liberamente Star Trek, è ancora una delle cose migliori successe al franchise negli ultimi anni. Purtroppo, però, dopo due stagioni non basta più: la terza e ultima dovrà dare una bella sterzata.