Star Trek: Picard 2x10 “Farewell”: la recensione

Star Trek: Picard tira le fila della seconda stagione con un finale frettoloso e semplicistico, più concentrato sul futuro che su una conclusione soddisfacente

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Spoiler Alert
Avevamo detto che Nascondino, nono e penultimo episodio della seconda stagione di Star Trek: Picard, lasciava aperte troppe questioni, ma aveva anche “la strada spianata per un vero Gran Finale”. Arrivata dunque al bivio definitivo, la serie creata da Akiva Goldsman decide proverbialmente di imboccarlo: risolve tutto con precisione certosina e ragionieristica, ma prova anche a chiudere con il botto la stagione tra sparatorie, esplosioni e scena madre dopo scena madre. Senza dimenticare la preoccupazione per il futuro: oltre a lanciare la terza e ultima stagione di Picard, Farewell ammicca anche alla possibile esistenza di altre serie più o meno spin-off che potrebbero o non potrebbero essere già in lavorazione (e che spiegherebbero per esempio le parole di Will Wheaton riguardo alla serie). Insomma, detta in termini brutali l’ultimo episodio della seconda stagione di Star Trek: Picard è un casino, e una conclusione poco soddisfacente di un viaggio che si è rivelato meno interessante del previsto.

Gli elementi al centro della narrazione del season finale

Proviamo a mettere ordine. Nascondino chiudeva molte delle storyline introdotte fin lì nella serie, su tutte la rinascita della regina Borg, e prometteva di dedicare tutta la sua attenzione rimasta al lancio della missione Europa, ancora misteriosamente importante per il destino dell’universo. Farewell, invece, dedica a questa parte della trama pochi, frettolosi minuti, risolvendola in un modo più soddisfacente per gli sceneggiatori (che riescono a prendere i famigerati due piccioni con un razzo) che per il pubblico. E dedica anche attenzione a chiudere la storia di Kore, che sembrava scomparsa e che invece finisce bruscamente reclutata per un viaggio allucinante ai confini della galassia i cui dettagli vi lasciamo il piacere di scoprire – sappiate solo che il tutto succede in una scena completamente scollegata dal resto dell’episodio e che assomiglia più che altro al trailer di un’altra serie che ancora non esiste (o forse sì?).

Renée

La vita di Picard assoluta protagonista della serie

La verità vera, però, è che tutta la seconda stagione di Star Trek: Picard è sempre stata interessata a parlare di una cosa in particolare: Jean-Luc Picard. Gli ultimi episodi avevano esplicitato a colpi di flashback il fatto che la serie non sia altro che una gigantesca seduta psicologica mascherata, nella quale il capitano (ammiraglio?) mette a nudo tutte le sue debolezze e scava nel suo passato e nel suo inconscio alla ricerca delle radici profonde del suo essere e di quel sottoinsieme di queste radici che va eliminato per permettergli di diventare una persona migliore. Tutto quello che ruota intorno a Patrick Stewart è in ultima analisi accessorio, e il decimo e ultimo episodio della stagione finalmente lo esplicita nel confronto finale tra Picard e Q.

Confronto del quale non vi diremo assolutamente nulla, un po’ perché è importante che vi godiate un John de Lancie in forma smagliante, un po’ perché è in quella breve conversazione che si nasconde il vero cuore di Picard, il vero motivo per cui questa seconda stagione esiste. “Perché deve sempre avere tutto a che fare con il destino della galassia? Perché deve essere sempre tutto importante?” chiede Q a Picard. E anche al pubblico: perché volete sempre che ci sia di mezzo la fine della galassia e non siete capaci di godervi una storia piccola, intima, personale? È un messaggio quasi provocatorio, e funzionerebbe di più se la mezz’ora precedente (e i minuti successivi) non fosse strapiena di conversazioni proprio sul tema “il destino della galassia”.

Star Trek Picard Q

E soprattutto se l’ultimo episodio non dedicasse così tanto tempo a stravolgere il canone trekkiano in modi clamorosi, irreversibili e tutt’altro che intimi e privati. Anche qui niente spoiler, ma non vi stupirà sapere che anche Alison Pill fa un salto per salutare Picard, e mentre lo fa porta con sé una rivoluzione che, ai tempi di The Next Generation, avrebbe fatto esplodere milioni di teste in tutto il mondo. È tutto materiale per la prossima stagione, senza dubbio, e probabilmente per altre serie collegate a Picard; ma depotenzia un po’ tutto il discorso sull’ignorare il destino della galassia per concentrarsi su cose più piccole e domestiche. Quello che intendiamo dire è: che cosa vuole Picard da noi? Vuole che pensiamo alla rivoluzione politica che sta per stravolgere la Federazione, o che torniamo insieme a Jean-Luc tra i corridoi del suo castello in cerca della radice del suo senso di colpa?

Un bilancio deludente per la seconda stagione

La verità è che la serie avrebbe dovuto prendere posizione a riguardo ben prima dell’ultimo episodio; e che arrivata in vista del traguardo si è vista costretta al cerchiobottismo, alla conclusione che smentisce sé stessa, e anche a infilare un sendoff dietro l’altro (“cosa succede a Rios? Come sta Elnor? Cosa faranno Raffi e Seven?”, tutto risolto in una mitragliata di scene brevissime e insoddisfacenti) invece di arrivarci organicamente con la narrazione. È un peccato, soprattutto perché anche questo episodio dimostra che, quando Picard non è imbrigliata dalle necessità di una sceneggiatura troppo astrusa e può dedicarsi a fare più liberamente Star Trek, è ancora una delle cose migliori successe al franchise negli ultimi anni. Purtroppo, però, dopo due stagioni non basta più: la terza e ultima dovrà dare una bella sterzata.

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