Star Trek: Picard 2x08 “Mercy”, la recensione

L’ottava puntata della seconda stagione di Star Trek: Picard continua a zoppicare e a perdere ritmo, e ormai è un problema

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Spoiler Alert
Ci sono due grandi temi che ritornano in continuazione nell’ottavo episodio di Star Trek: Picard, e non lo diciamo perché siamo esperti critici con una superiore capacità di analisi ma perché vengono indicati molto esplicitamente dalla serie stessa, con tanto di etichette e ripetizioni didascaliche. Uno è quello della libertà e del significato della parola stessa: per l’ennesima volta in stagione, anche Mercy è un episodio statico e claustrofobico, nel quale quelli che sono ormai i gruppi funzionali stabiliti per la serie (Picard e Guinan; Raffi e Seven; Rios e la povera Teresa) si ritrovano in varia misura intrappolati in un luogo (o in un tempo, o in una situazione) e devono trovare il modo di uscirne.

L’altro tema è, ancora una volta, quello del passato, dell’infanzia, del modo in cui quello che abbiamo vissuto da piccoli plasma le nostre esistenze – e di come i viaggi nel tempo, gli universi paralleli e persino i contatti con gli alieni possono incasinarle. Picard e Guinan, arrestati dall’FBI, devono convincere un investigatore di second’ordine (perché crede agli alieni e viene quindi preso molto poco sul serio dai colleghi) di non essere, per l’appunto, alieni venuti sulla Terra per conquistarla, ma qualcosa d’altro – e nel farlo lo aiutano a fare pace con un episodio traumatico della sua infanzia. Raffi e Seven inseguono Jurati nel tentativo di fermarla prima che la regina Borg prenda definitivamente possesso del suo corpo e cominci ad assimilare – e nel farlo scoprono che la loro amica non è stata spazzata via, ma è ancora lì, da qualche parte, intrappolata nella mente di un’entità semi-onnipotente venuta dal futuro per cominciare la conquista della galassia con quattro secoli di anticipo rispetto ai tempi previsti.

Jurati

Un problema di ritmo nella seconda stagione della serie

Rios e Teresa sono intrappolati su La Sirena, e passano il tempo a parlare di passato, di libertà e, ovviamente, di amore. E poi c’è Kore (aspettavamo il ritorno di Isa Briones dall’inizio della stagione ma non ci aspettavamo come sarebbe accaduto), intrappolata in casa dall’uomo che l’ha creata, che ha appena scoperto che il suo passato non esiste, è un’invenzione per donarle dei ricordi o probabilmente solo per farla stare buona. Ci sono trappole su trappole, situazioni senza via d’uscita che si susseguono senza soluzione di continuità… e c’è, arrivati all’ottavo episodio della seconda stagione di Star Trek: Picard possiamo dirlo, un grossissimo problema di ritmo.

A forza di rimuginare sugli stessi argomenti e le stesse questioni, e di spostare in avanti la trama di pochi millimetri alla volta, la seconda stagione di Picard sta abbandonando la sua veste filosofica e rischiando di trasformarsi in un’autoparodia. Ci sono talmente tanti elementi nuovi e incomprensibili buttati in campo in Mercy che ci sarà bisogno di qualche giorno per sbrogliare la matassa; ma stiamo parlando di cose tipo “Picard e compagnia potrebbero, indipendentemente dal successo della loro missione, avere incasinato irrimediabilmente la tempolinea e condannato il futuro come lo conoscono a non esistere più”, o anche del fatto che la squadra di scrittura è riuscita a far convergere la storyline del dottor Soong e di Kore con quella della regina Borg in modo artificioso e implausibile.

Star Trek: Picard Q

L'indecisione ha delle conseguenze sulla storia

Più di tutto quanto, questa seconda stagione di Star Trek: Picard sembra indecisa su tutto, compreso il tono che vuole tenere. È come se a ogni personaggio o coppia di personaggi fosse associato un genere di riferimento (quando compare Rios la serie diventa una melensa romcom, Raffi e Seven sono più in territorio commedia brillante, Picard sta gravitando intorno a X-Files e Jurati ormai è diventata Terminator con un vestito rosso fuoco e una scollatura vertiginosa), e ora che è arrivato il momento di far convergere tutto quanto la squadra autoriale facesse fatica a conciliare tutti questi spunti e ad amalgamarli in un unicum coerente.

Per lo meno ora Borg-ati sembra essersi messa in azione e ha a disposizione un piccolo esercito (in un’altra scena involontariamente comica): confidiamo tutto nelle botte per il gran finale.

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