Star Trek: Picard 2x06: la recensione
Star Trek: Picard finalmente corre, ma non rinuncia ad aprire nuove parentesi per quello che rischia di diventare un finale un po’ sovraccarico: la nostra recensione dell’episodio 6
Vi avevamo promesso un’accelerata – in realtà ce l’aveva promessa Star Trek: Picard, noi ci siamo limitati a segnalarvi che era in arrivo – e l’accelerata è arrivata, e con uno dei trucchetti più classici della narrazione televisiva. Two of One si apre in medias res, con un Picard in evidente sofferenza se non a un passo dalla morte, e poi torna rapidamente indietro con un countdown: “34 minuti fa”, in un episodio che raggiunge a malapena i 38 di durata totale (recap e sigla inclusi). Avevamo lasciato JLP e compagnia a un party di gala alla vigilia del lancio della missione Europa, e in particolare avevamo lasciato Agnes Jurati in compagnia di una nuova passeggera mentale; li ritroviamo di nuovo in quei saloni sfarzosi e in mezzo a gente vestita a festa, con l’obiettivo di entrare in contatto con Renée Picard.
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E li vediamo quindi in una veste (relativamente) nuova. La seconda stagione di Star Trek: Picard è stata finora l’occasione per giocare con i personaggi che abbiamo conosciuto nella prima (o in serie precedenti), sradicandoli dal loro ambiente naturale e costringendoli a confrontarsi con una serie di nuovi problemi e tentazioni. Seven è finalmente libera dai suoi impianti Borg e sta riscoprendo la sua umanità e la sua voglia di divertirsi, Rios si ritrova al contrario intrappolato in un mondo che lo vede come diverso e inferiore, Jurati sta compiendo il suo personale percorso di metamorfosi grazie alla Regina Borg, Raffi è costretta a tenere a a bada i propri istinti e a re-imparare a stare in società…
Un episodio tra i più leggeri dell'intera serie
Il party di Two of One, com’era prevedibile, esaspera tutto quanto, e ci regala un episodio che per lunghi tratti è il più scanzonato e divertito dell’intera serie. Jonathan Frakes dirige tutto quanto con lo spirito di chi sta giocando con le regole dell’heist movie, Brent Spiner sta al gioco regalandoci una versione inedita del Soong di turno, e per la prima volta c’è tempo anche per qualche dialogo che gira a vuoto e serve solo a fare atmosfera. È forse il primo episodio della stagione nel quale l’intero cast è ufficialmente parte del 2024 e non un gruppo di pesci fuor d’acqua che devono nascondersi mentre si abituano a un passato selvaggio (almeno per i loro standard). C’è persino spazio per un numero musicale, nel quale Alison Pill dimostra di essere non solo brava a fare il suo mestiere, ma anche di avere una voce notevole.
Tutto questo – al quale dobbiamo aggiungere una serie di altri eventi, tra cui il primo incontro tra Picard e la sua antenata – succede a un ritmo elevatissimo, senza mai un attimo di respiro: in meno di quaranta minuti, Star Trek: Picard infila più avvenimenti e colpi di scena di quanti ce ne fossero nei precedenti cinque episodi. L’effetto collaterale è una certa superficialità e frettolosità, oltre a un sovraccarico di informazioni (soprattutto sul finale) che fanno pensare che ci sia ancora molto da parlare e da scoprire da qui a fine stagione.
Tante questioni ancora in sospeso
Perché è chiaro che Picard è ambiziosa e vuole essere qualcosa di più di un semplice “episodio con i viaggi nel tempo” stirato per un’intera stagione. Molte questioni che sembravano risolte o facilmente risolvibili sono esplose negli ultimi due episodi e ci porteranno in direzioni ancora impreviste, e ci sono ancora quei misteri enormi che ci portiamo dietro da due mesi (uno su tutti: Q e la sua condizione) e che prima o poi andranno affrontati.
La speranza è che da qui in avanti lo show si dedichi esclusivamente a questo – a fornire risposte, intendiamo – e la smetta di proporre nuove domande, non importa quanto interessanti: la stagione è ormai al limite della saturazione e come detto si comincia a intravedere una certa fretta nel portare avanti le infinite sottotrame e parentesi aperte fin qui. È arrivato il momento dello sfogo: se chiedete a noi, puntiamo tutto sulla nuova versione di Agnes Jurati come chiave di volta dell’intero edificio narrativo.