Star Trek: Picard 2x05 "Fly me to the moon": la recensione
Star Trek: Picard arriva al momento decisivo: quello in cui tutte le carte sono in tavola e finalmente si comincia a giocare. La nostra recensione dell’episodio 5
Un bravo detective osserva, raccoglie le prove, mette insieme i pezzi, e solo dopo entra in azione. La seconda stagione di Star Trek: Picard, finora, sta rispettando le regole alla perfezione: dopo un prologo (il primo episodio, che più passa il tempo più risulta assurdamente distante dal resto della stagione, eppure rimane fondamentale per capirla) e tre episodi di raccolta prove, l’equipaggio della Sirena è pronto a entrare in azione. E come a volte capita ai detective più fortunati, questo significa non solo interrogare i sospetti e formulare ipotesi, ma anche indulgere in uno dei trope più classici del genere: il Grande Colpo.
Un altro ritorno nell'universo di Star Trek: Picard
Fly Me to The Moon, come la canzone di Bart Howard resa famosa da Frank Sinatra, è un episodio elegante e quasi jazzato, un rallentamento non deciso ma percepibile rispetto al ritmo dei precedenti tre. In parte è perché Star Trek: Picard continua a espandersi e ad accogliere nuovi personaggi che non sono lì solo per fare presenza: come al solito cerchiamo di evitare spoiler, ma dopo il ritorno di Guinan in una nuova (o precedente) versione preparatevi per quello di Brent Spiner, che interpreta la quarta (o sesta, se contate sia quelle androidi sia quelle umani) versione di un membro della famiglia Soong, e che nel 2024 alternativo nel quale si svolge la stagione è un genetista in disgrazia che sta facendo l’impossibile per curare sua figlia (Isa Briones, ovviamente), affetta da una rarissima malattia che le impedisce di esporsi alla luce del sole.
Una storia all'insegna della trasformazione
Quello della trasformazione d’altra parte è un tema ricorrente in Star Trek: Picard, e in questa stagione in particolare: merito soprattutto della sottotrama che coinvolge Agnes Jurati e la Regina Borg, che è quella che più di tutte riceve una spinta decisiva in questo quinto episodio. Il loro rapporto sta velocemente diventando lo snodo cruciale dell’intera stagione, anche dal punto di vista narrativo – sicuramente più centrale di quanto lo siano Seven, Raffi e Rios, che questa settimana si siedono sul sedile posteriore e fanno da spettatori non paganti (anche a loro viene riservato un po’ di screentime, ovviamente, ma le sequenze che li coinvolgono sono insolitamente anonime e altamente prevedibili, e rubano tempo e spazio a scene più interessanti).
In tutto questo, Picard inteso come il personaggio ha sempre meno spazio ed è sempre di più uno dei tanti pezzi di un puzzle – ed è un’ottima notizia, perché significa che la serie si sta finalmente liberando dal senso del dovere e dalla dedizione assoluta al suo eponimo per puntare verso orizzonti più ambiziosi. E bizzarri, sicuramente meno fantascientifici di quanto si potesse finora pensare: tutto il terzo finale del quinto episodio di Star Trek: Picard è una lunga preparazione a una classica heist alla Ocean’s Eleven, di quelle che avvengono durante una serata di gala (occasione tra l’altro per prendere un gruppo di persone abituate a stare sul set in camice o tuta spaziale e, per una volta, vestirle bene), e che, immaginiamo, sarà al centro del prossimo episodio, e l’inizio della seconda metà della stagione – quella tutta in discesa, quella che arriva dopo che abbiamo identificato tutti i pezzi e aspettiamo solo di vederli in azione.