Star Trek: Picard 2x04 "Watcher": la recensione

Star Trek: Picard non perde tempo e sfrutta subito la sua ambientazione contemporanea per parlare di noi e della nostra condizione: la nostra recensione dell’episodio 4

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Spoiler Alert
La recensione dell’episodio 4 della stagione 2 di Star Trek: Picard, disponibile su Prime Video

Star Trek è sempre stata una serie interessata alla politica, alla sociologia, alla psicologia. Ha quasi sempre, però, ragionato per assoluti, senza fare nomi e cognomi ma interrogandosi sulle sorti dell’umana specie nel senso più lato possibile. Anche quando la serie si allontanava dal futuro e si avvicinava alla contemporaneità lo faceva sempre guardando ai massimi sistemi; i regimi dittatoriali novecenteschi, epoche passate sospese tra storia e finzione letteraria… Star Trek: Picard, invece, non si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale o il Rinascimento, ma oggi, anzi dopodomani, nel 2024; e, com’era ampiamente prevedibile, ne approfitta per lanciare messaggi forti non tanto all’umanità, quanto a certe specifiche categorie e gruppi di potere che oggi controllano il mondo – e l’America, prima di tutto.

La serie affronta tematiche molto attuali con la storia di Rios

Non c’è nulla di più amaramente ironico, e quindi nulla di più Star Trek, del fatto che l’arrivo nel 2024 per Cristobal “Chris” Rios coincide con un incontro ravvicinato con l’ICE, l’agenzia federale americana che si occupa di immigrazione e che in Watcher ci viene mostrata in tutta la sua brutalità e capacità di esistere un po’ al di là dei confini della legge e del buon senso ma di farla franca per via del fatto che si occupano di persone sgradite, e di farle sparire. Potrebbe sembrare un argomento fuori luogo in un episodio di Star Trek: Picard, ma è la logica conseguenza del fatto che le azioni di Q hanno costretto JLP e compagnia a viaggiare nel tempo fino a un passato nel quale l’umanità era sull’orlo dell’autodistruzione: nel suo presente Rios non ha mai dovuto confrontarsi con il fatto di essere negli Stati Uniti con addosso un cognome sudamericano, mentre nel nostro diventa un problema da risolvere e uno degni snodi di trama più importanti dell’episodio.

Raffi SevenE anche gli altri sono in linea con questo inevitabile scontro culturale: Picard, per esempio, si trova costretto a confrontarsi apertamente con la questione razziale e la condizione della popolazione nera in America. A Raffi e Seven è invece riservata la storyline più ricca di azione e anche di momenti di leggerezza e comicità che sfiorano il livello Marvel; l’unico vero appiglio alla fantascienza più classica, per ora, è la povera Agnes Jurati, lasciata indietro un’altra volta e pericolosamente affascinata dalla Regina Borg in quella che promette di essere la sottotrama più simile a un bastone tra le ruote dell’intera serie.

Una serie che continua a essere spettacolare

In mezzo a tutto questo predicare, ponderare e filosofare, Star Trek: Picard continua comunque a essere un prodotto altamente spettacolare e di grande qualità formale. È anche una serie che ha preso una direzione tutta sua, in gran parte inaspettata, già con la prima stagione, e che da allora continua a seguirla ignorando ogni logica e anche ogni tradizione. È difficilissimo prevedere che cosa possa succedere nei prossimi sei episodi, soprattutto perché, ben sapendo che la serie esce a cadenza settimanale come se fossimo ancora nel 2010, Watcher si conclude con almeno quattro diversi cliffhanger, e non ci sono ragioni per credere che non succederà così anche per il resto della stagione. E noi saremo lì, ovviamente, in spasmodica attesa settimana dopo settimana: non siamo neanche a metà stagione e Picard ha già vinto.

Star Trek Picard Picard

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