Star Trek: Picard 2x02 e 2x03: la recensione

Star Trek: Picard prende il volo, e si spinge là dove Gene Roddenberry aveva già osato prima (e non una volta sola): la nostra recensione degli episodi 2 e 3

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La recensione degli episodi 2 e 3 della stagione 2 di Star Trek: Picard, disponibili su Prime Video

Il fandom di Star Trek si divide tra chi crede che Q sia uno dei personaggi migliori mai creati nella storia della televisione e chi ha torto. Il fatto che la seconda stagione di Star Trek: Picard abbia deciso di riportare a bordo John de Lancie, imbiancato dagli anni ma sempre con la stessa luce di lucida follia in fondo agli occhi, è già garanzia di qualità a priori, quasi fideisticamente. E dopo un episodio introduttivo che serviva essenzialmente a preparare il campo per il ritorno dell’entità divina con la passione per i giochi, le prove e i test, abbiamo capito anche come mai Amazon ha deciso di darci in anteprima i primi tre capitoli della stagione, per poi chiederci di andare avanti insieme al resto del pubblico: Penitenza e Assimilazione funzionano come un episodio unico, e servono, di fatto, per rifare quello che già faceva Guarda le stelle : un lungo riposizionamento di tutte le pedine, legato a una scelta narrativa che ha già fatto in passato, e più volte, la fortuna di Star Trek.

Parliamo ovviamente – se siete qui a leggere assumiamo che abbiate già visto almeno il primo episodio, e che un paio di spoiler leggeri non vi preoccupino granché – del fatto che Jean-Luc Picard (o la sua nuova versione artificiale: a proposito, è la stessa persona? Memory Alpha, la fonte forse non ufficiale ma più completa di informazioni su Star Trek, ha una risposta) viene catapultato da Q, insieme agli altri protagonisti della prima stagione, in una timeline parallela, nella quale non esiste più la Federazione ma una Confederazione a guida quasi esclusivamente terrestre, e che ha soggiogato l’intera galassia istituendo un regime xenofobo, oppressivo e più che vagamente nazista.

JuratiDue episodi in stile Roddenberry

Non solo: la timeline esiste perché nel 2024 è successo qualcosa, e l’unico modo per sistemare l’intero continuum spazio-temporale è tornare indietro nel tempo per prevenirlo. In altre parole, la seconda stagione di Star Trek: Picard è una combo di due classiche mosse roddenberry-iane: la realtà parallela, nella quale ritroviamo, mutati e spesso pervertiti, gli stessi elementi che caratterizzano la “realtà reale” e il viaggio nel tempo, che permette ai personaggi di confrontarsi con usi, costumi, tradizioni e soprattutto culture passate e primitive – anche quando queste appartengono al nostro futuro. La realtà assomiglia a una versione sci-fi-ma-non-troppo del nostro: il salto al 2024 permette ad Akiva Goldsman, Michael Chabon e al resto della squadra autoriale di usare Picard per fare commenti – ficcanti ma finora non troppo originali – sulla nostra condizione attuale, in perfetto stile Star Trek quindi.

Il rischio che la stagione prenda una direzione fin troppo predicatoria e forzatamente allegorica (o esplicitamente politica) è alto, ma sia Penitenza sia Assimilazione mettono in gioco talmente tanti spunti e potenziali sottotrame che siamo fiduciosi sul fatto che la serie non scadrà nel didascalico. Innanzitutto, a viaggiare nel tempo e negli universi paralleli non ci sono solo Picard, Rios, Raffi, Seven e la dottoressa Jurati, ma anche una regina Borg, inizialmente sfruttata in stile Battlestar Galactica per navigare nello spaziotempo, poi introdotta senza troppa sottigliezza come villain, o quantomeno potenziale complicazione narrativa in un 2024 nel quale i Nostri Eroi devono fare di tutto per farsi notare il meno possibile, pena un devastante effetto farfalla che vanificherebbe tutti i loro sforzi di salvare la realtà.

Star Trek Picard Borg QueenUna stagione ricca di sorprese e con meno filosofia

Avrete già capito da queste poche righe che la seconda stagione di Star Trek: Picard è ambiziosa, molto più di quanto lo fosse la prima, che era piuttosto un viaggio introspettivo nei meandri del dolore, della malattia e della vecchiaia. L’intero cast sembra più rilassato e felice di potersi sfogare in un contesto diverso, e questo a sua volta aiuta a dare a questi due episodi una gamma di toni più ampia di quella a cui ci aveva abituato la serie; si ride di più ma si rimane anche più spesso a bocca aperta, e soprattutto si viene continuamente sorpresi. C’è (per ora) meno filosofia, meno sguardi rivolti alle stelle a rimuginare sul senso della vita, e più voglia di mettere davvero alla prova questi personaggi così accuratamente descritti nella stagione precedente; in particolare c’è la promessa di una soluzione potenzialmente esplosiva al problema-Jurati, l’unico personaggio della serie a non avere fatto alcun passo avanti da quando è comparsa in scena la prima volta.

Come nella migliore delle tradizioni delle serie a cadenza settimanale, Assimilazione si chiude con un cliffhanger. E vista la quantità di idee che sono state riversate nei primi tre episodi, e la curiosità di sapere che direzione prenderà la storia, aspettare il prossimo episodio sarà una tortura. In questo senso, Star Trek: Picard ha già vinto.

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