Star Trek: Discovery 2x04, "Un obolo per la Charon": la recensione
Episodio fiacco per Star Trek: Discovery, che trova i propri punti di forza nell'ottima interpretazione di Doug Jones nei panni di un malatissimo Saru
Un obolo per la Charon si apre con il debutto di Rebecca Romijn nel ruolo di Numero Uno, primo ufficiale del Capitano Pike (Anson Mount) sull'Enterprise; un personaggio noto ai fan di Star Trek, poiché presente nel primissimo pilot Lo zoo di Talos nelle fattezze di Majel Barrett (poi passata a interpretare l'infermiera Christine Chapel, infelicemente innamorata di Spock). L'apparizione di Numero Uno è piuttosto veloce, ma ci lascia comunque col desiderio di rivederla nei prossimi episodi.
Alla ricerca del (mezzo) vulcaniano, la Discovery finisce intrappolata in una rete generata da una gigantesca entità spaziale vecchia 100.000 anni, che manda in tilt il traduttore universale della nave, il che dà vita ad alcuni trai i momenti migliori dell'episodio, con Burnham e Pike che iniziano a parlare Klingon, e l'intero ponte nel caos mentre l'equipaggio urla in diverse lingue senza riuscire a comprendersi.
Inoltre, Star Trek si fa ancora una volta portavoce di un dibattito attualissimo, quello sull'immigrazione: la storia di come lo straniero Saru abbia cercato e trovato una vita migliore dopo aver lasciato la sua terra natia instaura un parallelismo per nulla celato con la realtà contingente e questioni all'ordine del giorno tanto in Europa quanto negli Stati Uniti. Tuttavia, la forza drammatica dell'episodio è fiaccata dalla fumosità della minaccia iniziale: si parla moltissimo, in Un obolo per la Charon, tanto da mettere in ombra le non poche azioni che ne portano avanti la trama.
Nel frattempo, viene portata avanti anche la trama relativa a Tilly (Mary Wiseman), nuovamente preda dell'entità aliena che si è manifestata precedentemente nella forma della sua ex compagna di studi May. A fronteggiare la minaccia, stavolta, c'è l'immancabile Stamets (Anthony Rapp) affiancato da un'improbabile alleata: Reno (Tig Notaro), ricomparsa ora dopo il suo debutto nella premiere di stagione. Le interazioni tra i due gettano le basi per un rapporto conflittuale, ma anche di una proficua collaborazione derivata dai loro approcci diametralmente opposti alle questioni.
Il problema, anche qui, è che l'intera faccenda May sta accusando il peso della propria ripetitività; ci auguriamo che Star Trek: Discovery trovi una rapida risoluzione per questa trama o che, quanto meno, la spinga in una direzione nuova, poiché la stanchezza di scrittura inizia a farsi sentire ed è quanto di più nocivo possa esistere per una serie con un alto numero di episodi per stagione.