Star Trek: Discovery 1x08, "Si Vis Pacem, Para Bellum": la recensione

Il nuovo episodio di Star Trek: Discovery rielabora in chiave personalissima uno schema classico visto molte volte nelle serie precedenti

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Spoiler Alert
Esistono due vie diverse per omaggiare la tradizione legata al franchise di Star Trek: la prima prevede una diretta ispirazione dalle serie avvicendatesi negli anni, attraverso la riproposizione di schemi e tematiche familiari al pubblico degli appassionati; la seconda, apparentemente opposta, segue l'impervio sentiero della ricerca del nuovo, per giungere in terreni narrativi ignoti ma non per questo incoerenti con quanto visto finora. In Si Vis Pacem, Para Bellum (detto latino traducibile con "se brami la pace, prepara la guerra"), ottavo episodio della prima stagione di Star Trek: Discovery, viene tentato un compromesso tra le due strade sopracitate, con esiti peraltro più che soddisfacenti.

La puntata presenta infatti una situazione canonica per l'universo trekkiano: una ridotta squadra in ricognizione su un pianeta sconosciuto entra in contatto con una forza aliena che finisce per alterare la coscienza di uno o più membri del team. Il malcapitato è, in questo caso, Saru (Doug Jones), dapprima stordito e poi inebriato dalle entità naturali presenti sul pianeta Pahvo, che lo condizionano al punto da spingerlo a distruggere i trasmettitori dei compagni di missione Michael (Sonequa Martin-Green) e Ash (Shazad Latif) al fine da costringere tutti a una permanenza a tempo indeterminato, incurante dei propri doveri verso la Federazione.

Attendevamo sin dal primo episodio un focus su Saru, e il cesello degli sceneggiatori lavora qui con grande raffinatezza nel delineare una psicologia che si discosta dalla mastodontica icona di Spock a cui il personaggio sembrava far diretto riferimento. Contrariamente al più celebre (mezzo) vulcaniano, la vita di Saru si rivela infatti dominata non dall'incapacità di gestire le emozioni, ma dalla continua convivenza con dei recettori della paura perennemente vigili e allertati. Una protezione invidiabile ma, al contempo, un tragico supplizio da cui l'alieno non ha mai avuto tregua fino all'approdo su Pahvo.

Saru non è il solo a beneficiare momentaneamente del soggiorno sulla superficie del pianeta; dopo il confusionario loop della scorsa settimana, anche Michael e Ash hanno finalmente il tempo per scambiarsi un romantico bacio, accompagnato dall'amara riflessione su come questo sprazzo di felicità sia destinato a terminare non appena la guerra con i Klingon sarà vinta e la ragazza dovrà tornare a scontare il proprio ergastolo. La nostra fiducia nei confronti di Ash, va detto, è ancora appesa a un filo più che esile, ma il fuggevole spiraglio d'amore che ci viene concesso in questo episodio riesce a suscitare in noi la speranza che la neonata relazione con Michael possa avere una parvenza di lieto fine; non è certo la love-story più appassionante che Star Trek ci abbia proposto finora, ma è inserita sapientemente negli sparuti intervalli che separano situazioni più movimentate e drammatiche.

Prosegue, a tal proposito, anche la storyline dell'ammiraglio Cornwell (Jayne Brook), prigioniera sul vascello klingon; la donna trova un insperato supporto in L'Rell (Mary Chieffo), determinata a eliminare con ogni mezzo il sanguinario Kol (Kenneth Mitchell). Tuttavia, una colluttazione tra le due interrompe la maturazione della neonata alleanza; ciò non impedisce la fuga dell'alto ufficiale, stando al successivo dialogo tra la guerriera klingon e Kol. Una maggior chiarezza sui piani di diserzione di L'Rell arriverà, presumibilmente, nel midseason finale della prossima settimana, così come ci aspettiamo un'evoluzione della bizzarra condizione medica di Stamets (Anthony Rapp), il cui frequente collegamento col motore a spore sta compromettendo le facoltà mentali, rendendolo soggetto a flash che ipotizziamo legati a una misteriosa, incontrollabile preveggenza indotta.

Fa comunque piacere notare come gli autori stiano riuscendo non trascurare nessuna tra le linee narrative principali, e non si arrendano alle lusinghe di una pigra aderenza ai modelli tradizionali del franchise, ricercando - nel rispetto del passato - nuovi percorsi da esplorare e nuovi modi per stupire gli occhi e la mente dello spettatore.

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