Star Trek: Discovery 1x01 e 1x02, la recensione
Ha debuttato felicemente Star Trek: Discovery, donando un nuovo smalto al franchise creato da Gene Roddenberry grazie a un ritmo incalzante
A questa nuova creatura seriale a lungo attesa - frutto di un travaglio prolungato tanto da spingere Bryan Fuller a ritirarsi dal ruolo di showrunner pur restando produttore esecutivo - va riconosciuto, innanzitutto, il merito di aver ripreso le redini del marchio Star Trek che, in tv, aveva conosciuto con Enterprise un momento di inequivocabile fiacchezza creativa. I due episodi che aprono la stagione gettano le basi ideali per la gemmazione dell'attenzione del pubblico, attraverso la costruzione di una protagonista, il primo ufficiale Michael Burnham (interpretato con vibrante intensità da Sonequa Martin-Green) umano ma cresciuto tra i vulcaniani. Come tradizione impone, Burnham ha un trauma sepolto nel proprio passato, che tornerà a galla proprio nel momento cruciale dell'incontro con un gruppo di Klingon, guerresco popolo alieno ostile alla Federazione.
Due soluzioni formali inedite intervengono a impreziosire la grammatica narrativa di Star Trek: Discovery rispetto ai suoi predecessori: i pochi ma utili flashback, che ci mostrano Burnham bambina, rimasta orfana dopo un attacco dei Klingon (incongruenza rispetto alla dichiarazione secondo cui "nessuno ha più visto Klingon da quasi cento anni") e all'inizio del suo servizio presso la USS Shinzou, comandata dal capitano Philippa Georgiou (interpretata da Michelle Yeoh). Il focus sul personaggio di Burnham aumenta sensibilmente il grado d'empatia provato nell'osservare il suo eroismo sfociare in decisioni talvolta catastrofiche per il suo entourage. L'altra saggia innovazione è legata alla scelta di dedicare un considerevole quantitativo di tempo agli accadimenti in corso sull'astronave Klingon, dove il carismatico T'Kuvma (interpretato da Chris Obi) sta organizzando la sua crociata contro la Federazione, tentando di ottenere la fiducia di tutti i diversi clan del suo popolo.
Per ora, la serie ideata da Fuller e da Alex Kurtzman sembra essere partita col piede giusto, almeno dal punto di vista del ritmo e della gestione dei propri personaggi principali; non manca, ovviamente, il corrispettivo di turno dell'ormai archetipico Spock, il kelpien Saru sotto il cui impressionante make-up prostetico si celano i lineamenti di Doug Jones (irriconoscibile di professione dopo Il Labirinto del Fauno e The Shape Of Water, di prossima uscita). Nuovi personaggi verranno introdotti nel terzo episodio, come lascia presagire la cupa conclusione di La Battaglia delle Stelle Binarie, mentre il fato della protagonista ha preso una piega tutt'altro che rassicurante. Se il ritmo delle prossime puntate si manterrà incalzante come quello mostrato in questo felice esordio, coadiuvato da una cura visiva ammirevole per un prodotto destinato al piccolo schermo, Star Trek: Discovery sarà valso tutto il prezzo della sua lunga attesa.