Star System - se non ci sei non esisti - la recensione

Un giornalista inglese viene assunto da una rivista americana, ma i risultati non saranno quelli sperati. Simon Pegg, Kirsten Dunst e Megan Fox protagonisti di una farsa simpatica, ma meno corrosiva del previsto...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloStar System - se non ci sei non esistiRegiaRobert B. Weide
Cast
Simon Pegg, Kirsten Dusnt, Jeff Bridges, Megan Fox, Danny Huston, Gillian AndersonUscita8 maggio 2009

La storia di Toby Young, l'autore di Un alieno a Vanity Fair (o meglio, come recita il titolo anche del film originale, How to Lose Friends and Alienate People), è decisamente intrigante. Ritrovatosi a lavorare per una delle più prestigiose riviste americane (appunto Vanity Fair), non fa che combinare disastri con star e Pr importanti. Insomma, un materiale perfetto per mostrare l'altro lato della vita culturale di New York (quello più superficiale) e magari anche sfruttare il rapporto sempre difficile tra inglesi e americani.

Star System è sicuramente una pellicola gradevole e non dà mai l'impressione di una serata buttata al vento. Tuttavia, è difficile non rimanere con un po' di amaro in bocca, a causa delle grandi potenzialità della pellicola che raramente vengono sfruttate a pieno. Il problema maggiore è che, nonostante la storia di partenza sembri molto accattivante, la sceneggiatura (opera di Peter Straughan) sa enormemente di già visto. Non sono tanto i riferimenti a La dolce vita, peraltro anche fatti in maniera delicata e simpatica, a dare fastidio (anche se, va detto, sanno un po' di intellettualismo yankee). Ma la vicenda principale è troppo ricalcata su L'appartamento di Billy Wilder e sulle centinaia di pellicole che sono venute dopo, in cui il mix rapporti personali e lavoro produce grossi danni.

Il problema è che a tratti si ha l'impressione che il film voglia volare alto (basti pensare al poster de Il disprezzo di Godard nella stanza del boss, scelta tanto cinefila quanto poco coerente con il personaggio in questione). Ma, di sicuro, non siamo dalle parti de I protagonisti di Robert Altman, prodotto feroce su Hollywood e dintorni. Almeno, si sarebbe potuto tentare di arrivare ai buoni risultati de Il diavolo veste Prada, ma qui non ci sono dei personaggi ben delineati e a tutto tondo come in quel caso. Le cose positive non mancano, come l'evoluzione del rapporto del protagonista con un'attrice storica (bello perché imprevedibile e sottilmente crudele) e alcuni dialoghi fulminanti di Kirsten Dunst, che sono (quasi) all'altezza di quelli delle commedie romantiche degli anni quaranta.

Per quanto riguarda il cast, Simon Pegg è bravo a reggere il peso di un ruolo complesso (una persona che non deve essere troppo simpatica, ma neanche odiosa), anche se forse a tratti viene lasciato troppo da solo. Kirsten Dunst come solito se la cava bene in ruoli di questo tipo, mentre risultano un po' sprecati Danny Huston (con un personaggio fin troppo schematico) e Jeff Bridges (che avremmo voluto maggiormente coinvolto). In tutto questo, comunque, la migliore (nonostante le poche scene a disposizione) è Gillian Anderson, che dimostra come l'etichetta di X-Files (e di quel personaggio) le stia strettissima. Megan Fox fa... la versione di Megan Fox sciroppata e che i suoi detrattori potrebbero immaginare.

Insomma, un prodotto onesto e simpatico, ma non certo trascendentale. Diciamo che, più che al Vanity Fair americano, fa pensare all'edizione italiana...

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