Sr., la recensione

Robert Downey Jr. ha realizzato un documentario su suo padre Robert Downey Sr., regista di scarso successo, ad un passo dalla morte

Critico e giornalista cinematografico


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Sr.

La recensione di Sr., il documentario di Robert Downey Jr. sul padre disponibile su Netflix dal 2 dicembre

Un tipo molto carismatico, pieno di curiosità e idee particolari” è la miglior definizione di Robert Downey Sr. che esce fuori da Sr., il documentario che ha prodotto il più noto figlio (Robert Downey Jr.) per raccontare chi fosse suo padre, e non è un caso che la pronunci proprio Jr. che di questo documentario è la star a sorpresa. Incapace di mettersi davvero da parte Jr. invade continuamente il territorio fino a che tutto questo documentario dice tanto del figlio quanto del padre (e non come nell’idea originale del loro rapporto ma semmai delle loro individualità).

Sr. è stato un regista indipendente in un tempo in cui essere indipendenti non aveva nulla della coolness e delle possibilità distributive, produttive e di eco che hanno oggi gli indie. I suoi film rimangono largamente sconosciuti e il suo stile è così radicato nel proprio tempo, nella controcultura e in un modo di fare cinema più ribelle che magistrale, da stimolare ben poco interesse anche nel momento in cui il documentario ne propone le clip più accattivanti. Forse anche per questo, quando è stato chiaro che Sr. era affetto dal morbo di parkinson il figlio ha deciso di iniziare un documentario su di lui, per tributargli una forma di notorietà e successo che in vita non ha mai avuto.

E questo stesso documentario somiglia a quei film: è un’operazione lasciata molto al caso e all’improvvisazione, un film che si fa giorno per giorno al procedere della malattia e dell’infermità, cambiando idee di continuo e seguendo più le ispirazioni del momento che una traccia stabilità. Il risultato è quindi molto eterogeneo e spesso vira sul figlio più che sul padre, è molte volte autoassolutorio e ha il tono del filmino domestico (ma bisogna considerare che Sr. ha sempre inserito amici e familiari, incluso il figlio, nelle proprie imprese). Tuttavia c’è una certa sincerità nel desiderio di un figlio di conoscere meglio il padre attraverso il video, in una famiglia in cui tutto è passato per i film. E quando la malattia degenera e viene ripreso anche il momento in cui il padre, ormai infermo a letto, smette di riconoscere il figlio, è evidente quanto il documentario abbia costruito la rincorsa di questo figlio così famoso e di successo ad un padre non famoso e di nessun successo e che colpo possa essere la fine di tutto.

Quello che Sr. non indaga mai e manca di cogliere invece è la dualità tra un padre artista che non ha mai sfondato ad Hollywood anche se ne ha avuto la possibilità (ma proprio non aveva il carattere giusto) e un figlio da lui lanciato che invece è diventata una star quasi subito, una incline a fare film commerciali; un tipo di New York, il padre, e il classico prodotto di Los Angeles il figlio. Dove queste due personalità di cinema così lontani si tocchino e come la prima sia riuscita a fare in modo che la seconda fosse il suo prosieguo, rimane una domanda a cui non solo nessuno risponde ma che pare proprio non interessare a nessuno. 

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