La Sposa Yemenita, la recensione
La Sposa Yemenita di Laura Silvia Battaglia e Paola Cannatella è un esempio edificante di graphic journalism
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
L'argomento è tosto e per la maggior parte sconosciuto: lo Yemen. Un saggio giornalistico sarebbe certamente finito in una delle tante anonime pile di volumi accatastati in una libreria di varia; ma quel titolo, quella copertina - con la protagonista nella doppia veste di inviata (telecamera in spalla) e promessa sposa con la rosa in mano (ricevere il fiore durante una festa di matrimonio ha lo stesso significato del nostro lancio del bouquet) - non può lasciare indifferenti.
In tredici brevi ma intensi capitoli (oltre a un prologo e a un epilogo) che denotano una grande capacità di sintesi, la Battaglia riesce a fornire un'idea concreta di un Paese lontano, celato alla nostra attenzione, anche e soprattutto volontariamente. Quello che una volta era l'antico regno della Regina di Saba, compresa la sua capitale Sana'a - “una Venezia selvaggia sulla polvere”, come la definì Pier Paolo Pasolini - è stato per sempre deturpato dalla ferocia di una guerra civile tuttora in corso.
Utilizzando tre colori per dar risalto alle tavole secondo gli argomenti trattati - il rosso per la quotidianità, il blu per le inchieste e il giallo per i temi religiosi - le due autrici catanesi ci spalancano un universo suggestivo quanto terrificante: le celebrazioni nuziali, consumate in rigorosa separazione tra uomini e donne; la vanità e la civetteria delle ragazze yemenite, celate sotto lo scuro niqab (il burqa locale, per intenderci, di colore nero); il traffico di minorenni per lo spaccio della droga più ricercata da quelle parti, il qat; i rapimenti degli stranieri; le stragi di innocenti perpetrate dai droni delle nostre forze alleate; gli scellerati attacchi kamikaze; la saggezza e la tolleranza religiosa dello sceicco (termine che letteralmente significa "anziano", ma che in realtà indica una qualsiasi persona che goda di grande rispetto) Hassan Abdullah, attraverso il quale riscopriamo il vero Islam, quello della stragrande maggioranza dei suoi fedeli.