Spirited, la recensione

Più vicino all'umorismo di Ryan Reynolds che a quello di Will Ferrell, questo impeccabile Canto di Natale annulla tutto il bello di Ferrell

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Spirited, disponibile su AppleTV+ dal 18 novembre

Grazie ad AppleTV+ che è entrata nel progetto Spirited molto presto, abbiamo quello che con buona probabilità è il film di Will Ferrell a budget più alto di sempre. Così costoso che si permette sequenze onerose e non molto utili anche sui titoli di coda, quando tutto potrebbe legittimamente essere finito. La squadra però è la stessa degli ultimi anni, la stessa di Daddy’s Home e del suo sequel, con l’aggiunta di Ryan Reynolds (per far valere l’investimento). L’idea è vincere la lotta di Natale con un musical al tempo stesso tradizionale e moderno, Il canto di Natale di Dickens preso in giro. La presa in giro però sembra più nello stile di Ryan Reynolds (che ama svelare le convenzioni del cinema) che in quella di Will Ferrell (decisamente più insensato, folle, demenziale e determinato a infangare qualsiasi sogno di medietà della società americana). Ed è buono Spirited. È buono…

Tuttavia da Will Ferrell non è forse preferibile un film meno buono e più scalcinato ma davvero fuori testa? Spirited invece va bene, va davvero bene. È un buon film con Will Ferrell per famiglie in cerca di storie innocue e sicure. Porca miseria!

Lungo la storia seguiamo l’organizzazione della comparsa dei fantasmi dei Natali passati, presenti e futuri da dentro, dalla società molto moderna e ultraterrena (tutta auricolari bluetooth e regia remota) che li rende possibili. Ogni anno i fantasmi scelgono una vittima, se la studiano e la notte di Natale la redimono. Quest’anno il prescelto è il social media spinner dal cuore di ghiaccio Ryan Reynolds, ma si rivelerà un osso durissimo per il fantasma dei Natali presenti con crisi di coscienza Ferrell, prima che tutto torni ad un equilibrio senza suonare falso come spesso sono gli equilibri finali dei film di Ferrell.

Spirited è anche un musical lungo e largo in cui si scherza su tutto tranne che sui numeri musicali e sullo spirito natalizio (sia mai), di fatto limitando il campo d’azione e allargando il pubblico potenziale. È Will Ferrell che entra in salotto di casa dalla porta principale accompagnato dall’umorismo innocuo di Ryan Reynolds. È S.O.S. Fantasmi (anche citato) più grande e grosso ma decisamente meno tenebroso e disturbante. I fantasmi dei vari Natali sono rappresentati come una compagnia teatrale che entra e esce dalle visioni dell’uomo da redimere, dialogando con una regia, chiamando i vari momenti e flashback e spesso lasciando entrare delle maestranze a montare il nuovo set.

La particolarità di questo film, per il resto tanto ben fatto quanto ordinario, sta semmai in come Spirited tenga insieme due storie con gli stessi protagonisti, e una sola è una versione comica di Il canto di Natale, l’altra è una storia a tema Natalizio che procede in parallelo, entrando e uscendo dalla struttura del canto di Natale (e che alla fine avrà la meglio). A creare continuità e fare la differenza in un film di questo tipo ovviamente è il tono, e così mentre Sean Anders spende i soldi di Apple per una confezione impeccabile, del tono se ne occupano Reynolds e Ferrell, capaci di individuare con le interpretazioni il punto quasi impossibile in cui l’umorismo è onnipresente ma non annulla il portato sentimentale né di Il canto di Natale, né di momenti come quello in cui un possibile futuro idilliaco con famiglia per il protagonista viene rifiutato, perché non lo vuole e afferma che anzi chi spinge queste soluzioni o questi scenari di vita semplicemente li desidera per sé e poi li impone a tutti. Minuscolo e limitato momento di sovversione in un film tutto dentro i binari.

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