Spider-Man: No Way Home, la recensione

Spider-Man: No Way Home trova l’equilibrio che rende la redenzione, anche in vecchiaia, anche se futile, commovente davvero

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Per effetto dell’enjambement del film precedente, la storia di Mysterio non si è conclusa con la fine di Spider-Man: Far From Home ma arriva al termine ora, nei primi minuti di Spider-Man: No Way Home, quando Peter Parker si confronta con lo svelamento della sua identità segreta, ne vede gli effetti sui suoi cari e inizia una nuova vita, quella in cui è braccato da tutti e considerato una minaccia.

La prima scoperta è che anche le domande di ingresso al college sue e dei suoi amici vivono il contraccolpo: vengono respinte perché loro sono considerati “controversi”. È un piccolo affare di fronte al destino del mondo, ma grande per un ragazzo, e così Peter Parker va dall’amico conosciuto l’ultima volta che il pianeta era in pericolo, Doctor Strange, a chiedere di cancellare dalla memoria di tutti il fatto che lui è Spider-Man. Sarà per effetto di una serie di impicci e bisticci, come ne accadono solo nei film, che si creerà il problema che anima questo terzo film della saga dell'uomo ragno prodotto dai Marvel Studios.

"È la forza di Benedict Cumberbatch, attore vero, che rende possibile l’ossimoro di unire grande commedia e grande avventura"C’è da giurare che se questo evento fosse accaduto all’interno di un film di Capitan America o uno degli Avengers non sarebbe stato credibile o possibile, almeno non in questa maniera da parte di quelli che sono supereroi. Ma è la forza di Benedict Cumberbatch, attore vero, che rende possibile l’ossimoro di unire grande commedia e grande avventura. È con il tono dell’interpretazione che crediamo a una goffaggine che a rigor di logica sarebbe implausibile.

Dopo essere tornato a casa ed essere stato lontano da casa, ora non ha come tornare nuovamente a casa Spider-Man, braccato dai nemici di un passato che non è il suo. Il tono è lo stesso, la logica prosecuzione dei precedenti due, con in più una dimensione più ampia, di quelle che di solito sfuggono all’Uomo Ragno, "condannato" a storie di quartiere. Non stavolta. L’impresa di Spider-Man: No Way Home è di tenere il piede di due staffe, da una parte la spensierata potenza della leggerezza dei film con Tom Holland e dall’altra una certa gravitas. E poi, triplo carpiato, gestire la nostalgia della presenza di personaggi come, ad esempio, Doc Octopus o Goblin che vengono da altre dimensioni per lui e dal nostro passato per noi. Spider-Man: No Way Home da una parte è il terzo film di una trilogia che fonda e perfeziona la mitologia di questo nuovo Uomo Ragno (di cui non ci era stata raccontata l’origine ma, dopo questo film, ci renderemo conto che è stata questa la sua origin story) dall’altra, come promesso, è un film che porta avanti la grande trama di questa fase, non è un film marginale ma uno cruciale. E si vede. Gli ingressi e i camei di altri personaggi aumentano e, soprattutto, fa capolino il segno distintivo dei film più importanti dell'Universo Cinematografico Marvel: il passaggio di attrezzatura.

spider-man no way home doctor strange

In un film che è piacevolmente organizzato come un videogioco, in cui cioè i personaggi si assegnano a vicenda missioni, si incontrano, parlano per dirsi cosa fare e poi si separano per andare a fare quelle cose (scandendo quindi in maniera netta azione e trama), in cui lo scontro finale si svolge in una “arena” da sfida con il boss (quasi un omaggio alla mitologia da videogame), Spider-Man e Doctor Strange stringono un legame nell’unica maniera in cui ha senso farlo nell'Universo Cinematografico Marvel: scambiandosi oggetti. Il martello di Thor che passa di mano, lo scudo di Captain America che è conteso, il pugnale che in Eternals segna il passaggio del tempo e lo sviluppo umano, l’armatura di Tony Stark che viene indossata da altri, lo stesso costume tecnologico che Tony Stark dona a Peter Parker... sono solo alcuni esempi di come ogni volta che nei film Marvel la tecnologia, intesa come artefatti, passa di mano dimostra un nuovo rapporto, simboleggia il consolidarsi di un sentimento.

Un oggetto tra il magico e il tecnologico scatena un nuovo rapporto tra i due eroi, ma anche una serie di invenzioni tra scienza e tecnologia utili a risolvere la storia uniscono altri personaggi, in un film in cui invece i rapporti tra non-eroi prendono le pieghe più tradizionali dei teen movie. E tutto, ancora una volta, si regge alla perfezione in una delicatezza di tocco e ritmo invidiabili.

Soprattutto coinvolgendo personaggi dei film precedenti questo Spider-Man rilegge e ripassa il passato non come L’amore in fuga di Truffaut (integrando vecchi spezzoni) ma rimettendo in scena materialmente altri attori, facendo collassare presente e passato per creare il non luogo dove tornare a casa non è possibile e forse non è nemmeno desiderabile e tutti possono redimere se stessi. Sarebbe kitsch e forse smielato altrove, ma Spider-Man: No Way Home (ancora una volta) trova l’equilibrio che rende la redenzione, anche in vecchiaia, anche se futile, commovente davvero.

Continua a leggere su BadTaste