Spencer, la recensione | Venezia 78
Spencer di Pablo Larraín è un ritratto magnifico di Lady Diana, in cui Kristen Stewart regala la sua migliore performance
Siamo decisamente dalle parti di Jackie ed effettivamente l’obiettivo è lo stesso, ovvero raccontare attraverso pochi e intimi momenti un periodo complesso di due donne sull’orlo del baratro, messe contemporaneamente ai margini e al centro della Storia recente. Spencer di Pablo Larraín è però, molto più del suo precedente, un ritratto magnifico, asciutto ma perfettamente a fuoco di Lady Diana, in cui la visione di Larraín si allinea al millimetro con la penna di Steven Knight.
Il contrasto tra la consistenza in carta da zucchero delle immagini, dentro le quali si costruiscono degli interni fiabeschi e curatissimi (ci si vorrebbe immergere dentro) e invece l’interiorità tormentata di Diana e il suo disagio costante, è la chiave di lettura che Larraín trova e porta a compimento senza alcun tipo di sbavatura. Ma soprattutto, Spencer è Kristen Stewart decisamente ai suoi massimi livelli: la sua performance è in un certo senso strana, inizialmente spiazzante ma poi talmente magnetica, particolare, commossa che la macchina da presa ne rimane letteralmente incantata.
A stridere c’è solo il goffo parallelismo con Anna Bolena in cui Diana qui si rivede, un elemento anche un po’ troppo didascalico e ripetuto che non sembra aggiungere ulteriori livelli di lettura. Per tutto il resto, Spencer è un ottimo film, emozionante ma mai indulgente con la sua protagonista, che riesce nell’impresa difficilissima di proporre una prospettiva originale sulla storia di Lady Diana.
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