Speciale Tex 31: Capitan Jack, la recensione
Non potevamo perderci il Texone di quest'anno, intitolato Capitan Jack e realizzato da un team stellare: Tito Faraci ed Enrique Breccia
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Fa coppia con l'artista di Buenos Aires una penna nota a tutti i fan del nostro ranger, Tito Faraci, anche se per il poliedrico scrittore lombardo è l'esordio sulla testata extra-size più famosa del fumetto italiano. Un team creativo di questo livello necessita di un soggetto di pari caratura: senza dubbio lo è Capitan Jack, dedica al capo indiano conosciuto con questo nome dai coloni americani. Per i Modoc, che vivevano nella California settentrionale ai confini con l'Oregon, è Kintpuash, una guida valorosa e clemente, forse troppo. In mezzo alla propria gente ha i suoi oppositori, spinti dall'odio verso i bianchi. Sono figure di spicco e influenti, ma senza scrupoli e onore, come Scarface Charlie e soprattutto Hooker Jim.
Nella monumentale distesa di rocce, anfratti e caverne ci finiscono ovviamente Tex e Kit Carson, coinvolti nel cuore della vicenda dopo aver giurato di vendicare l'intera famiglia di un vecchio collega, Foster, sterminata da Hooker Jim e i suoi sgherri.
Il bianco e il nero diventano poesia nei paesaggi, mistero e fiaba negli esterni notturni, energia vitale nella svariata gamma di animali ritratti con maestria pittorica. L'impressionante cura del particolare, la varietà espressiva dei protagonisti, così come dell'ultimo dei comprimari, si unisce alla conoscenza perfetta della regia di una scena. Il tutto esalta i dettami dello script di Faraci e insieme ci regalano un Tex sontuoso. Anche se lo stile del maestro argentino ce lo restituisce più arcigno, lo ritroviamo insuperabile in un'altra magnifica interpretazione lungo la sua veneranda storia editoriale.