Speciale Tex 31: Capitan Jack, la recensione

Non potevamo perderci il Texone di quest'anno, intitolato Capitan Jack e realizzato da un team stellare: Tito Faraci ed Enrique Breccia

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Sarebbe un vero peccato lasciarsi sfuggire il consueto appuntamento di inizio estate con lo Speciale di Tex. Noi di BadComics.it non lo abbiamo di certo commesso, andando a leggere per voi il numero 31 del “Texone” di quest'anno. Parliamo dell'attesissimo albo disegnato dal talento cristallino di Enrique Breccia, per la prima volta al lavoro su Aquila della Notte, anche se con Sergio Bonelli Editore aveva già collaborato firmando l'episodio La grande nevicata, scritto da Luigi Mignacco e contenuto nel Dylan Dog Color Fest 8 (aprile 2012), oltre alla variant cover del numero 1 di Adam Wild, presentata a Lucca Comics & Games 2014.

Fa coppia con l'artista di Buenos Aires una penna nota a tutti i fan del nostro ranger, Tito Faraci, anche se per il poliedrico scrittore lombardo è l'esordio sulla testata extra-size più famosa del fumetto italiano. Un team creativo di questo livello necessita di un soggetto di pari caratura: senza dubbio lo è Capitan Jack, dedica al capo indiano conosciuto con questo nome dai coloni americani. Per i Modoc, che vivevano nella California settentrionale ai confini con l'Oregon, è Kintpuash, una guida valorosa e clemente, forse troppo. In mezzo alla propria gente ha i suoi oppositori, spinti dall'odio verso i bianchi. Sono figure di spicco e influenti, ma senza scrupoli e onore, come Scarface Charlie e soprattutto Hooker Jim.

Di fronte all'accusa di esser troppo accondiscendente e remissivo nei confronti del nemico che aveva strappato loro la terra natale relegandoli in una riserva a morire di fame, Capitan Jack si piega al volere dei più facinorosi della sua tribù. Uccide a sangue freddo il generale Edward Canby (11 aprile 1873), disarmato e pronto a discutere un compromesso per una pacifica convivenza, trasformando l'occasione di una tregua definitiva in una dichiarazione di guerra e lasciando campo libero alla battaglia nelle suggestive Lava Beds. 

Nella monumentale distesa di rocce, anfratti e caverne ci finiscono ovviamente Tex e Kit Carson, coinvolti nel cuore della vicenda dopo aver giurato di vendicare l'intera famiglia di un vecchio collega, Foster, sterminata da Hooker Jim e i suoi sgherri.

Potrete conoscere nel dettaglio la cronaca dei fatti nell'interessante e istruttiva introduzione di Luca Barbieri e potrete leggere subito a seguire la splendida versione romanzata da Faraci, ma molto rispettosa della realtà degli avvenimenti e che svela una documentazione minuziosa. La sceneggiatura, fluidissima e impeccabile, è costruita su pagine di travolgente azione: assenza di didascalie, dialoghi serrati ed essenziali non fanno che esaltarla. È un volume di 240 tavole che scorrerebbe piacevolmente in poco tempo se non si venisse continuamente incantati dall'arte che Breccia riesce a realizzare usando solo due colori, che colori non sono.

Il bianco e il nero diventano poesia nei paesaggi, mistero e fiaba negli esterni notturni, energia vitale nella svariata gamma di animali ritratti con maestria pittorica. L'impressionante cura del particolare, la varietà espressiva dei protagonisti, così come dell'ultimo dei comprimari, si unisce alla conoscenza perfetta della regia di una scena. Il tutto esalta i dettami dello script di Faraci e insieme ci regalano un Tex sontuoso. Anche se lo stile del maestro argentino ce lo restituisce più arcigno, lo ritroviamo insuperabile in un'altra magnifica interpretazione lungo la sua veneranda storia editoriale.

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