Speciale Dylan Dog 30: La fine è il mio inizio, la recensione

Torna lo Speciale di Dylan Dog con il secondo capitolo della saga del Pianeta dei Morti di Alessandro Bilotta: La fine è il mio inizio

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Torna l'appuntamento annuale con lo Speciale di Dylan Dog adattato nel futuro distopico della saga Il Pianeta dei Morti, Prosegue e si sviluppa la fortunata intuizione di Alessandro Bilotta di proporre un Old Boy ancora più “Old”, in una Londra almeno 15 anni avanti rispetto alla continuity regolare e sembra perfetta la decisione di Sergio Bonelli Editore e dell'editor del personaggio, Roberto Recchioni, di concedergli il giusto spazio in una collana dedicata, per di più prestigiosa come quella degli Speciali.

Chi ha già letto il precedente La casa delle memorie sa che il mondo in cui si muove l'ex Indagatore dell'Incubo è una dimensione alternativa dove gli zombie sono un problema quotidiano da affrontare e in cui il paziente zero - colui che ha scatenato la forma più evoluta del morbo che riporta in morti in vita - è (era) l'inseparabile compagno del protagonista: Groucho. Ma questa non è l'unica minaccia: un facoltoso e affascinante architetto - forse un benefattore, forse un folle - ha creato e sta ora ampliando un'isola felice. Werner, questo il suo nome, ha ideato una sorta di oasi idilliaca volta a chiudere fuori l'orrore che imperversa per le strade, ricostruendo una città in cui chi lo desidera può vivere in pace, dimenticando il proprio passato per ricostruirsi un nuovo presente.

Herbert Simmon, un neurologo con le sembianze del grande regista Dario Argento, porta lo scompiglio con le sue teorie rivoluzionarie nella tranquilla comunità a cui Dylan si è unito, insieme a una vecchia conoscenza Sybil Browning. Qual è il confine tra finzione e realtà, tra lucidità e allucinazione? E ne esiste davvero uno?

Alessandro Bilotta riprende soggetti innovativi come quello cinematografico del Truman Show di Peter Weir o intramontabili come quello di Ulisse nell'isola di Circe dell'Odissea di Omero e li rimodella, reinterpreta e ricuce ad hoc per le sue necessità narrative, concludendo con un finale che lascerà piacevolmente sbalorditi tutti i fan di lunga data, quelli della prima ora di L'Alba dei morti viventi.

La fine è il mio inizio è un'altra grande prova dello scrittore romano, insuperabile nel catturare e trasmettere il lato più amaro, crepuscolare e malinconico della creatura di Tiziano Sclavi. La parte grafica non è da meno, a cominciare dalla splendida copertina di Massimo Carnevale. I disegni sono invece dell'esordiente - si fa per dire - Giulio Camagni, che conoscono bene i lettori del raffinato Jan Dix di Carlo Ambrosini. Potete comprendere la bravura dell'artista di origini friulane dalla semplicità con cui si è immediatamente impadronito dell'essenza di questo entusiasmante progetto, senza rinunciare alla propria personalità creativa.

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