Spartacus: War of the damned 3x06 "Spoils of war": la recensione

Spartacus inizia la seconda metà di stagione con un'ottimo episodio nel quale emerge ancora di più la coralità...

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Spartacus non è più la storia di un trace e del suo percorso di vendetta. Ha smesso di esserlo probabilmente già l'anno scorso, ma è solo nelle ultime puntate che l'elemento corale – comunque da sempre presente – si è fortemente imposto rispetto al percorso individuale dell'ex gladiatore. E Spoils of War in questo senso si pone come un episodio emblematico nel confermare questa tesi tanto nella narrazione (questa settimana Spartacus appare pochissimo) tanto in un importante dialogo sul quale torneremo più avanti.

L'azione riprende in medias res dove si era interrotta bruscamente, e al culmine della tensione, la settimana precedente, con l'esercito ribelle investito dalla marea romana che avanza dal mare e dal continente e apparentemente senza via di fuga. Nessuna speranza che alla fine della grande Storia narrata il fato di Spartacus e dei suoi compagni non si compia inesorabilmente ma, almeno per stavolta, le loro vite, e quelle di altri pochi superstiti alla furia di Crasso, vengono risparmiate anche grazie ad un diversivo creato da Gannicus, assoluto protagonista della puntata.

Legato molto strettamente alle vicende raccontate in Blood Brothers, come se questo passaggio di metà stagione venisse raccontato in una sorta di doppio episodio, Spoils of War segue uno schema quasi opposto a quello solito, relegando la parte con maggior azione ai primi dieci minuti della puntata e riservando il resto dell'episodio al necessario riequilibrio della situazione e alla preparazione delle ultime quattro puntate. Ecco dunque che le ceneri sollevate dagli scontri si posano finalmente, ma sotto di esse continuano ad ardere alcuni fuochi non spenti, pronti a riprendere vigore e a portare morte soprattutto nello schieramento dei romani.

Ed è facile individuare l'elemento comune di queste tensioni nascoste nella figura di Tiberio. Il figlio di Crasso, ormai apertamente in rotta con Cesare, dovrebbe tuttavia temere maggiormente lo scontro proprio con suo padre, una volta che questo scoprirà la vicenda dello stupro della schiava Kore. A correre parallela alla vicenda dei romani è quella di Gannicus, intrappolato ancora nella città e alla disperata ricerca di un modo per andarsene. A seguirlo saranno l'ormai ex schiava Sibyl e Laeta, la moglie dell'edile ormai caduta in disgrazia. A proposito della donna romana è significativa la rappresentazione della parabola di un personaggio che finalmente si rivela, quasi pienamente, in un dialogo con Crasso nel quale ammette come (e siamo d'accordo) l'obiettivo di Spartacus non sia più la vendetta ma la giustizia.

Da una motivazione individuale e quindi in qualche modo egoista ad una totalmente opposta: è nella consapevolezza di questo obiettivo e del suo perseguimento che il personaggio Spartacus, e quindi il suo carisma e il suo far vivere di luce riflessa tutti i comprimari è stato necessariamente messo da parte in favore di una dimensione corale. Ora, intrappolato su un crinale e senza apparente via di scampo, Spartacus ha finalmente vinto la propria sfida diventando uguale a tutti gli altri.

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