Spartacus: War of the damned 3x01 "Enemies of Rome": la recensione
L'esordio dell'ultima stagione di Spartacus funziona bene e costruisce una nemesi micidiale e spietata....
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Ogni anno Spartacus ha dovuto necessariamente sapersi rinnovare. I motivi sono da ricercare nel necessario cambiamento dei personaggi, dati i climax particolarmente sanguinari che hanno caratterizzato i finali di stagione, ma anche nello spostamento da una location all'altra e nel mutamento dei leitmotiv della singola stagione. Dall'addestramento dell'arena (Blood and Sand) al consolidamento della ribellione (Vengeance) fino allo scontro aperto con Roma (War of the damned). E se il compito di una sorta di nuovo "pilot" dev'essere quello di introdurre ai ritmi, alle tematiche e ai personaggi della nuova stagione, allora questa prima puntata, intitolata Enemies of Rome, funziona molto bene.
Come anticipato nel commento di alcune settimane fa, uno dei migliori elementi della scrittura di Spartacus è da sempre la definizione di ottime nemesi. Tanto più queste riescono a catalizzare l'odio dello spettatore e a risultare più vere, tanto maggiore di riflesso sarà l'empatia nei confronti del protagonista. Questo primo episodio di War of the damned, terza e ultima stagione dello show di Starz, non fa eccezione e dedica quasi metà del proprio minutaggio alla presentazione e definizione della nuova e ultima nemesi dello schiavo ribelle: Crasso (Simon Merrels).
Dal punto di vista dell'estetica la serie si mantiene fedele ai suoi standard – piacciano o meno – e dunque alla sua violenza esagerata (lo scontro di inizio puntata contiene almeno un paio di scene decisamente splatter) e al suo insano piacere nell'inquadrare e giustificare i fiumi di sangue versati. Se i comprimari di Spartacus non riservano alcuna sorpresa (Crixus si gode il ritrovamento della sua compagna mentre Gannicus rimane diviso tra il furore della battaglia e i piaceri personali) è proprio il protagonista, in una bella sequenza che, per la prima volta, mette in luce i problemi logistici e pratici nella gestione di quella che assomiglia sempre più a una popolazione nomade, a confrontarsi per la prima volta con qualcosa di più pratico che non la semplice e folle vendetta.