Southland Tales


Un attore, una pornostar, una coppia di gemelli veterani di guerra e la fine del mondo. Confusa e imbarazzante pellicola dell'autore di Donnie Darko, che da noi vedremo solo in home video...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloSouthland TalesRegiaRichard KellyCast

The Rock, Sarah Michelle Gellar, Justin Timberlake, Seann William Scott, Mandy Moore

Uscita???

Per una volta, mi è difficile criticare la scelta di un distributore italiano (in questo caso la Universal), che non proporrà Southland Tales nelle sale, ma direttamente in home video (anche se non sappiamo ancora quando). In effetti, non solo è difficilissimo vendere un prodotto che negli Stati Uniti (a fronte di un budget che alla fine sarà probabilmente superiore ai 30 milioni di dollari) ne ha raccolti meno di 300.000. Ma, soprattutto, che senso ha mostrare una pellicola così stupida, pretenziosa e insensata? Meglio per tutti (a cominciare dal regista Richard Kelly, che mi aveva esaltato con Donnie Darko, ma anche per gli attori) far finta che questa pellicola non sia mai esistita.

Intanto, già prima di vedere il film, avevo delle fortissime perplessità sul cast. Ora, che un regista voglia valorizzare un attore, perché magari è convinto che abbia un talento superiore ai film che ha fatto, va benissimo. Ma quando hai nella stessa pellicola The Rock, Sarah Michelle Gellar, Justin Timberlake, Seann William Scott, Mandy Moore e Christopher Lambert, allora significa che stai giocando con il fuoco, perché neanche Quentin Tarantino ubriaco penserebbe a mettere assieme un cast così strampalato. Peraltro, qui non siamo in una farsa, ma in un prodotto che richiede spesso grandi qualità drammatiche agli attori e comunque di cambiare  registro. Non dico che sia indispensabile Meryl Streep, ma con certi nomi inutile aspettarsi miracoli, anche perché Kelly spesso li dirige malissimo. Basti pensare a The Rock, che non sarà Alec Guinness, ma che in diverse pellicole ha dimostrato di saper recitare degnamente. Qui deve incarnare un personaggio assurdo, che talvolta si comporta come un eroe, in altre occasioni si spaventa per un nonnulla e ha un tic ridicolo. Ma ognuno, in generale, recita in maniera enfatica e anche chi ha un curriculum di tutto rispetto (penso a Wallace Shawn, per esempio) viene ridicolizzato da un look eccessivo. La scelta migliore? Far morire sul cesso Eli Roth. E non scherzo.

Evidente poi come le difficoltà produttive della pellicola abbiano inciso nettamente. Va ricordato infatti che il film venne presentato al Festival di Cannes in una copia provvisoria di quasi tre ore, scelta che è quanto di più vicino ad un suicidio cinematografico possa esistere, considerando le reazioni feroci della stampa.

In effetti, Southland Tales è tutto quello che può essere (e non dovrebbe) un'opera seconda, in cui si vede chiaramente che i produttori non hanno messo un freno al delirio autoriale di Kelly, magari pensando che anche Donnie Darko aveva tanti punti oscuri. Peccato che qui manchi un elemento fondamentale. Il problema è infatti che dei personaggi, persi spesso in dialoghi che avrebbero fatto felici Tonino Guerra e Michelangelo Antonioni (se avete il dubbio, no, non è un complimento), non ce ne frega assolutamente nulla, visto che sono costruiti malissimo e non generano un minimo di identificazione nello spettatore.

Di sicuro, non è l'ambizione a mancare a Kelly. Qui abbiamo una pellicola che vorrebbe essere il Blade Runner del ventunesimo secolo, ma che non riesce ad arrivare neanche alla sufficienza di Strange Days (prodotto visivamente interessante, ma con una sceneggiatura a groviera). Il tutto, mettendo in mezzo Tarantino (la commistione estrema di generi e i personaggi/attori assurdi), la psichedelia di Richard Lester, certo fumetto francofono anni settanta/ottanta, la visionarietà di Lynch (obiettivo raggiunto solo nell'alto numero di nani presente sul set), un paio di scene di musical (?), i riferimenti alla Bibbia, qualche spruzzata di soap opera, alcune sequenze splatter, un omaggio al noir classico anni quaranta, una satira (inefficace) sul mondo della televisione, sparatorie ridicole e una denuncia della guerra in Iraq. Tranquilli, ho sicuramente dimenticato qualcosa, ma già così c'è materiale che renderebbe quasi impossibile fare un buon lavoro per un regista veterano, figuriamoci per un trentenne al secondo film. 
La cosa più originale (a sforzarsi proprio tanto a cercarla) è una pubblicità in digitale con due macchine che fanno sesso o l'inno americano con un quartetto d'archi. Ma Southland Tales è incapace di creare un universo coerente, anzi non riesce neanche a dar vita semplicemente a delle situazioni coerenti. Prendiamo The Rock, che interpreta un famose attore, che però va in giro tranquillamente senza che la gente lo circondi. D'altronde, è impossibile prendere sul serio un film in cui due sgallettate fanatiche mettono in ginocchio il governo o che sembra voler battere dei record per il numero di oggetti sessuali presenti in scena o per i personaggi che minacciano il suicidio (obiettivo, quest'ultimo, quasi sicuramente raggiunto). Peraltro, non siamo quasi mai a tali livelli di kitsch (tranne un balletto a tre alla fine) da meritare una visione solo per farsi due risate, della serie frittatona di cipolla e rutto libero.

L'impressione è che Richard Kelly abbia vinto alla lotteria grazie a Donnie Darko, ma che con Southland Tales abbia deciso di buttare il biglietto nella spazzatura. Speriamo che con il prossimo The Box torni con i piedi per terra...

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