Southern Bastards vol. 1: Questo era un uomo, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di Southern Bastards, di Jason Aaron e Jason Latour, edito da Panini Comics

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Come si fa a scrivere di quanto sia cool una serie a fumetti come Southern Bastards senza apparire come il più sfegatato dei fan e cercando di mantenere un po' di deontologico contegno? È qualcosa di davvero difficile, credeteci. Specie se a scrivere è qualcuno che ha sempre amato le storie dell'America e sull'America, quella vera, quella rurale, sporca, violenta, quella terra (il Sud degli States) dove sono sono in vigore dei codici comportamentali che trascendono la legge, quando non la ignorano totalmente. Come si fa a parlare di un fumetto come quello creato da Jason Aaron e Jason Latour che ricorda così tanto serie TV che abbiamo amato come il cult Sons of Anarchy e la più recente Banshee, pur mantenendo una sua precisa identità, e un suo specifico linguaggio, dato che il fumetto è un medium a sé stante? Non lo sappiamo, ma ci vogliamo provare.

La storia: il primo volume di Southern Bastards, intitolato Questo era un uomo, ci presenta il personaggio di Earl Tubb, un uomo anziano incazzato e disilluso (molto incazzato e molto disilluso), che fa ritorno nella sua città natale, Craw County, Alabama, per sistemare alcune questioni burocratiche inerenti una sua proprietà immobile. Il protagonista, figlio dell'allora sceriffo della cittadina, aveva abbandonato la sua terra senza pensarci due volte, arruolandosi nell'esercito del suo Paese per combattere la Guerra del Vietnam, e poi trasferitosi nella più grande città di Birmingham per farsi una vita. Una vita che non deve essere stata uno splendore, basandoci su quanto l'uomo fa trapelare nel corso della narrazione. Nel frattempo, a Craw County, le cose non sono cambiate (o se lo sono, in peggio): la comunità si erge ancora su alcune istituzioni, come il football (la squadra giovanile dei Runnin' Rebs è pluridecorata) o le costine di maiale condite rigorosamente con salsa BBQ, senza dimenticare la ipercalorica fried pie alle mele (in coda al volume ne trovate la ricetta). In questo luogo, quasi sospeso nel tempo e ristagnante in un limbo che non segue le regole del resto del mondo, a comandare c'è Eulen Boss, l'allenatore dei Runnin' Rebs, che è il vero e proprio patriarca di questa in qualche modo arcaica società: l'uomo è al di sopra di tutto e tutti, persino delle istituzioni (l'attuale sceriffo è un suo galoppino), e amministra la città secondo il suo volere e con pugno di ferro, gestendo anche i racket criminali. L'arrivo di Earl non è però silenzioso e indolore come preventivato dallo stesso: una vecchia (e brutta) conoscenza dell'uomo, infatti, è coinvolta in una storia torbida e violenta, che in qualche modo va a coinvolgere pure il protagonista, il quale, nolente, non riesce a soffocare il suo innato desiderio di (fare) giustizia, e si schiera in prima fila per riportare l'ordine in città.

Jason Aaron è un maestro sceneggiatore, un uomo capace di scrivere fumetti quanto mai eterogenei tra loro, senza mai perdere genuinità narrativa e soprattutto il suo tocco davvero personale e originale. Jason Aaron è anche un uomo del Sud degli Stati Uniti, nato proprio in Alabama, lo Stato nel quale è ambientato Southern Bastards. Ne consegue che lo scrittore conosce molto bene la materia trattata, e questa sua conoscenza va a impregnare ogni pagina del racconto in maniera pregevole e funzionale. Quella proposta in questo volume è una storia davvero realistica e bilanciata, e anche intimista, in una sua particolare maniera. Nel fumetto traspare tutta la mitologia di questi luoghi così unici del mondo, caratterizzati da forti tradizioni che sono rimaste invariate nei decenni, se non nei secoli. È la simbologia del racconto l'aspetto più rilevante di questo, simbologia caratterizzata dal football, dalle abitudini culinarie, da un linguaggio molto archetipico e colorato, da uno stile di vita anarchico e violento. In quella che è una bella serie aprioristicamente, vi è anche riflesso tutto un mondo, così lontano ma allo stesso tempo così vicino a noi. Un mondo dove quando ci si scontra lo si fa con bastoni e mazze da baseball, utilizzate nella stessa caratteristica maniera con la quale le spade laser vengono maneggiate in Star Wars, per capirci, senza tecnica ed eleganza, ma con inaudita forza fisica.

A rendere Southern Bastards un fumetto unico ci pensano anche le matite e i colori di Jason Latour, altro "uomo del Sud" (nato e cresciuto a Charlotte, Carolina): lo stile stilizzato, minimalista e pulp dell'artista si confà alla perfezione al registro narrativo di Aaron, e, con il suo tratto sgraziato e graffiante, oltre alle scelte cromatiche molto nette e incisive, caratterizzate da una brusca alternanza tra toni freddi e caldi (che conferisce grande carico emotivo al racconto, oltre che a evidenziarne maggiormente le dicotomie narrative) rende ogni vignetta del fumetto un perfetto specchio nel quale viene riflesso uno spaccato di vita di uomini violenti e bastardi, ma anche coraggiosi, a loro modo. Spendiamo un ulteriore rigo per evidenziare quanto lo storytelling di Southern Bastards sia efficace e fluido, oltre che molto essenziale, conferendo al racconto una dinamica molto precisa e che ricorda molto il format narrativo televisivo.

In conclusione, siamo sicuri che questo fumetto saprà catturare e stupire un pubblico di lettori quanto mai eterogeneo, facendo sicuramente maggiore presa su chi ha una particolare predilezione per questo tipo di storie (come chi vi scrive in questo momento, inutile nasconderlo). La storia si rivelerà carica di intensità e ricca di sorprese, anche grazie a un finale assolutamente inatteso e mozzafiato che rende tutti molto curiosi di sapere come il fumetto proseguirà nel suo secondo volume.

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