Source Code - La recensione
Un soldato deve tornare indietro nel tempo per far luce su un attentato, ma ogni volta ha solo 8 minuti di tempo. Concept fantastico, regista di grande talento e un cast in palla. La Hollywood che sogniamo, insomma...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloSource CodeRegiaDuncan JonesCastJake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright, Michael Arden, CasAnvarUscita29-04-2011Source Code rientra perfettamente in questa mia categoria preferita, grazie a Duncan Jones, che non solo conferma di non essere una meteora dopo la rivelazione Moon, ma forse corregge anche qualche difetto di quella pellicola e riesce a parlare a un pubblico un po' più vasto. Così, dà vita a un film intelligente e appassionante, che mette insieme cervello e azione con un equilibrio pressoché perfetto. Insomma, tutto quello che avrebbe dovuto essere Inception e non è stato (grazie a Manuel Goffredo Innocenti per aver espresso quello che avevo dentro inconsciamente).
A questo proposito, finalmente troviamo una sceneggiatura meritevole, che magari metterà insieme idee non originalissime (è possibile farlo in campo fantascientifico nel 2011? Dura, molto dura), ma lo fa in maniera molto efficace. In un certo senso, l'idea di base (un uomo che muore sempre) mette assieme mitologia e avanguardia (e i riferimenti ai greci antichi sono diversi). O, se vogliamo fare nomi e cognomi più moderni, Alfred Hitchcock che dirige un episodio di Ai confini della realta e ci butta dentro anche una trama degna di 24, ma con molta meno violenza e ideologia. Intanto, anche quelli che sembrano dei difetti (perché non gli spiegano subito la sua missione? C'è un motivo) in realtà non lo sono.
E poi, una mia grande paura era che il film potesse risultare una serie noiosa e banale di piccoli corti con poche variazioni, ma per fortuna assistiamo a dei cambiamenti notevoli e intelligenti, soprattutto con dei ribaltamenti di prospettiva che lasciano spiazzato anche lo spettatore più smaliziato. Più convenzionale (ma comunque funziona bene) la contrapposizione tra interesse pubblico e privato, che però è importante per non rendere tutto un giochino fine a se stesso. Ovviamente, non manca (come normale per prodotti di questo tipo) qualche incongruenza alla fine, che magari non sarà perfettamente coerente in ogni minima parte. Tuttavia, si riesce a dar vita a una conclusione notevole, con una certa ambiguità e malinconia che di sicuro non possono farlo considerare come il tipico happy end.
In tutto questo, è bello rivedere Jake Gyllenhaal in un ruolo degno del suo valore e in cui chiaramente si sente molto più a suo agio. Forse, in qualche momento eccede troppo nel mostrare platealmente il suo stato d'animo, ma comunque risce a dar vita a un trattato di psicologia in maniera naturale e avvincente. Molto apprezzabile anche Joe Wright, che crea un personaggio molto più complesso e ambiguo di quanto si potrebbe pensare a prima vista, soprattutto perché non scade mai nel villain facile. Forse, Vera Farmiga è la meno convincente del gruppo (ma il ruolo non consente granché), mentre sono curioso di rivedermi la pellicola una seconda volta (cosa buona e giusta) anche per scoprire le sottigliezze nella performance di Michelle Monaghan.
Ultima qualità: il film è costato solo 32 milioni di dollari, cifra perfetta per un prodotto sì commerciale, ma che non può aspirare a un pubblico enorme. Insomma, in questo modo dovrebbe rientrarci senza problemi. unico difetto: temo che in Italia questo film riscuoterà poco interesse (fantascienza intelligente? Mmmm). Ma almeno spero che tra i lettori di Badtaste diventi un culto...