Sorella morte, la recensione

Dentro Sorella morte ci sono due anime: una è quella di chi lo ha scritto, più fumettosa, l'altra di chi lo ha diretto ed è più "elevated"

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Sorella morte, il film di suore e demoni in uscita su Netflix il 27 ottobre

Non poteva che uscire qualcosa di buono dalla coppia Paco Plaza/Jorge Guerricaechevarria. Il primo è metà del duo che creò Rec diversi anni fa (l’altro era Jaume Balaguerò) e il secondo è lo sceneggiatore che lavora sempre con Alex de la Iglesia, maestro di copioni di genere. Stavolta Guerricaechevarria non può appoggiarsi alla commedia ma deve andare dritto sull’orrore. La storia è quella di una suora appena arrivata in un convento nel quale (come si conviene ai migliori conventi del cinema horror) c’è del maligno. Le manifestazioni diaboliche di rito arrivano molto piano, con dettagli poco paurosi (una sedia che cade) e crescono con il passare dei minuti, nutrite nelle zone d’ombra delle inquadrature. Crescono non solo in quantità , come sempre, ma soprattutto in qualità e peso specifico. 

Paco Plaza fa di questa sceneggiatura un elevated horror spagnolo, cioè la mette in scena cercando di battere percorsi poco convenzionali e puntando su una tecnica sofisticata. C’è in Sorella morte fin dall’inizio una fotografia eccezionale. È tenue e perfettamente bilanciata nei colori da subito per poi spingere sul bianco (quello di vesti, lenzuola, pareti, oggetti, cibi…) quando invece vuole lavorare sulla paura. E proprio questa insistenza sui bianchi consente poi a Plaza di dare forza al nero quando è il momento (l’occhio nel confessionale è una cosa tra Argento e Jodorowski) e di enfatizzare ancora di più il rosso del sangue nelle molte scene efferate.

Essendo un film scritto da Guerricaechevarria la forza con la quale Plaza si trova a dover lottare è il tono fumettoso. Sorella morte fa di tutto per attenuarlo e gestirlo all’interno di una cornice da elevated horror, di fatto contaminando la natura divertita e godereccia di quelle esagerazioni e quelle immagini con una gravitas di paura che funziona molto. Una delle scene migliori (spoilerate dal trailer) coinvolge qualcosa che la protagonista non vede (ma che un altro personaggio sostiene esserci) in una stanza immacolata, un gioiello di montaggio semplice ed efficace su una trovata ottima.

Un finale assurdo che lascia pensare alla volontà di fare un franchise da un film che non sembrerebbe consentirlo, attenua invece la tipica rivelazione da horror spagnolo, cioè che il male sovrannaturale e demoniaco che vediamo nasce dal male terreno degli uomini nel passato, e ne è un epifenomeno mastodontico nelle conseguenze ma proporzionato nella vendetta (altra componente molto fumettosa e godereccia ben gestita).

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