Sonic 2 - Il film, la recensione
Un film più equilibrato e ben realizzato del primo, ma lo stesso funestato da una scrittura terribile che lo rende lo sforzo insufficiente
Il primo film dedicato a Sonic, lo capiamo ora, era l’origin story non del protagonista, ma del villain. È chiaro in Sonic 2 - il film in cui Robotnik ritorna (adesso nel look e nella forma che aveva nella serie di videogiochi) e con una centralità completamente diversa. Più cruciale il personaggio, più impegnato Jim Carrey e più capace di rubare la scena, portando davvero il suo carattere in tutto il film. C’è quindi un’autoironia maggiore, maggiore demenzialità e un novero di gag che non sono solo verbali, ma pescano da tutte le possibilità espressive.
Il film stesso, insomma, sì è fatto più creativo con le soluzioni, come se il primo fosse stata una prova generale di come si dirige un grande film da studio e questo fosse la versione definitiva.
Tuttavia, benché tutto questo segni uno standard decisamente superiore a quello molto facile da superare del primo, non siamo lo stesso dalle parti del capolavoro. Anzi. Rimangono tantissimi difetti riscontrati già in Sonic, in primis quello di voler a tutti i costi imporre il protagonista come fico, senza saper costruire questa caratteristica. La differenza tra imporlo e costruirlo sta nel fatto che invece di apparire a noi in una certa maniera, ci viene detto che lo è; invece che lasciar emergere quel fascino cool dalle azioni o dalle pose, questo è veicolato dalle convenzioni più banali in materia (mancava davvero solo il cappello girato all’indietro e lo skateboard!).
Il punto è che, detto in parole povere, non è pensabile creare una mitologia e una trama a partire dai piccoli accenni del videogiochi e dai suoi elementi chiave, con così poca capacità. Tutto è incoerente oltre che insufficiente, e i piccoli tocchi di Jim Carrey (come l’assurda fissa che dà a Robotnik per la cultura europea) non possono certo compensare un film scritto così male.