Something is Killing the Children vol. 1: Non andate nel bosco, la recensione
In Something is Killing the Children riconosciamo la matrice di Stephen King, ma considerarlo un prodotto derivativo sarebbe limitato
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
Ad Archer's Peak si stanno verificando eventi inquietanti, da quando un gruppo di ragazzini non ha fatto ritorno dal bosco: di alcuni di loro sono stati ritrovati i cadaveri, mentre altri sembrano scomparsi. Il giovane James è l'unico sopravvissuto e dice di aver visto una strana creatura, ma tutti lo prendono per pazzo, ipotizzando addirittura che possa essere lui il colpevole dei brutali omicidi. Una cittadina della provincia americana, bambini al centro di una vicenda horror e incubi sovrannaturali: ci sono tutti gli ingredienti per pensare di essere al cospetto dell'ennesimo epigono di Stephen King che vuole cavalcare l'onda di Stranger Things, ma fortunatamente Something is Killing the Children è qualcosa in più. Riconosciamo la matrice del celebre scrittore di Portland (con echi di It e La bambina che amava Tom Gordon) ma considerare questo fumetto un prodotto derivativo sarebbe un giudizio limitato: pur avendo letto solo i primi cinque episodi si può già riconoscere un'identità abbastanza definita, che arriva addirittura a evocare atmosfere lovecraftiane.
La sceneggiatura di James Tynion IV cattura il lettore con un andamento rarefatto, improvvisamente sconvolto da cliffhanger di fine episodio o scene di forte impatto. La lettura alterna tavole singole ad altre doppie pagine in cui le vignette si sviluppano orizzontalmente, una scelta che per ora non è stata ancora sfruttata al meglio dal punto di vista visivo ma comunque è già diventata una cifra stilistica in grado di caratterizzare l'opera.