Solo è un puzzle game che parla a chi sa ascoltare – Recensione
Con le sue domande, Solo coglie alla sprovvista.
Lo si capisce dal primo avvio, perché Solo chiederà al giocatore di rispondere alle domande che gli verranno poste durante il gioco in totale sincerità. Questo perché il tema principale è l’amore, in ogni sua sfera. Il rapporto che abbiamo con questo imperscrutabile sentimento, cosa pensiamo dell’amore, quali sono le nostre esperienze in merito, e tutto ciò che ne consegue.
[caption id="attachment_184894" align="alignnone" width="1280"] Non aspettatevi delle domande banali[/caption]
E Solo non lo intraprende con leggerezza, affatto. Le domande che ci verranno poste al termine di ogni arcipelago visitato, ma talvolta anche da uno spirito che ritroveremo di tanto in tanto nelle isole che rappresenta l’amato (o l’amata) di cui sopra, nonché da alcuni guardiani spettrali, sono profonde, dolorose in certi casi. “In che modo l’amore avvolge la tua esistenza?” oppure “L’amore è disimparato, oppure è qualcosa che ereditiamo culturalmente?”, queste sono due delle domande che già nei primi minuti il giocatore è chiamato a rispondere. Non ci sono risposte sbagliate, ovviamente, ma solo quelle che noi riteniamo giuste. In questo senso, Solo è poco più di un walking simulator, dove le sezioni puzzle non sono mai troppo impegnative (se non per alcuni problemini di fisica degli oggetti), ma servono piuttosto a metabolizzare le risposte date. Non ci sono finali alternativi oppure effetti farfalla di sorta.
Le sezioni puzzle, infatti, sono molto semplici e perlopiù dilatate come tempistiche che davvero impegnative. Lo scopo di ogni arcipelago che il nostro avatar dovrà esplorare è riuscire ad attivare un faro, che a sua volta attiverà un totem il quale ci porrà una domanda, la cui risposta sbloccherà l’arcipelago successivo, e così via fino al completamento di tre zone totali.
[caption id="attachment_184896" align="alignnone" width="1920"] Un po' The Legend of Zelda: The Wind Waker, un po' Rime[/caption]
I puzzle vedono coinvolti sempre dei blocchi, con differenti proprietà, i quali dovranno essere utilizzati per creare un percorso fino al faro di cui sopra. Oltre al blocco normale ce n’è uno che si appiccica, un altro che crea una folata di vento da poter cavalcare, un altro che crea una passerella, e tra questi dovrà essere trovata la giusta combinazione per poterli sfruttare a dovere, spostandoli a mano oppure con una speciale bacchetta magica. In questo caso due problemi non permettono a Solo di essere troppo agile nella fase risolutiva: alcuni (rari) cali di frame rate inspiegabili; una telecamera spesso molto pigra nel seguire i movimenti che si ferma quando i blocchi vengono mossi magicamente, creando delle situazioni a volte frustranti.
Ma l’avrete capito, il fulcro di Solo non è la sua componente prettamente ludica. Lo dimostrano anche gli enigmi opzionali, che non donano niente di concreto se non l’esperienza in sé. Capiterà di dover aiutare coppie di animali a ricongiungersi creando un percorso agibile, oppure di dare da mangiare ad animali che ringrazieranno il protagonista con sorriso espresso da un emoji in un baloon. Il nostro eroe potrà anche scattare delle foto e dei selfie, oppure strimpellare con la chitarra. Nel corso del gioco si impareranno alcune canzoni che avranno degli scopi molto particolari, come colorare o rendere lo scenario in bianco e nero, oppure far piovere o splendere il sole, a seconda di come il giocatore sente di dover affrontare il suo percorso interiore.
Solo è solo all’apparenza un puzzle game che strizza l’occhio a The Legend of Zelda: The Wind Waker e Rime come estetica. In realtà è un esercizio leggero di auto-analisi. Se avrete voglia di ascoltare Solo, di cedere alle sue regole e seguire le sue indicazioni, il titolo del Team Gotham sarà un’esperienza molto più che interessante, in grado di farvi scoprire qualcosa di nuovo di voi stessi.