I soliti idioti 3 - Il ritorno, la recensione

Dentro a I soliti idioti 3 è possibile trovare una capsula del tempo, nulla è cambiato, tutto è uguale, eppure ancora una novità

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di I soliti idioti 3 - Il ritorno, il film di Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, in uscita il 25 gennaio al cinema

La forza delle caratterizzazioni di I soliti idioti è direttamente proporzionale alla debolezza della scrittura delle loro gag. Quello che accade è sempre pretestuoso, sempre casuale e sembra avere l’unico obiettivo di non risaltare. A contare invece sono le interpretazioni, i costumi, le parrucche e i tormentoni pronunciati con accenti o parlate particolari. In un certo senso è l’esaltazione dei reparti della messa in scena a discapito della scrittura, dell’immagine e del sonoro sul contenuto, o almeno lo sarebbe se al di là delle intuizioni ci fosse la maestria. Invece questa non c’è mai. Se nella serie tv una certa sciatteria era caratteristica e accettabile nei film è sempre meno sopportabile.

Nonostante tutto questo le gag di Biggio e Mandelli in I soliti Idioti 3 (che è il quarto film fatto dai due), per colpa della commedia italiana (immobile da decenni) sono ancora oggi forti. Gli stessi identici personaggi mai aggiornati, mai cambiati, mai innovati, funzionano ancora come 12 anni fa quando uscì il primo film, sono ancora una frontiera nella rappresentazione spietata e incattivita di quanto sono brutti gli italiani e per certi versi un modello. Anche se messi in scena con così poca abilità e con una ricerca del semplice che non è mai sinonimo di immediatezza. Il loro non è cinema combattivo, che si fa con poco e che sfrutta un’estetica da bozza, è cinema impostato e artefatto nel senso più classico, solo con poca abilità e scarso lavoro.

Se non ci fosse quell’autentico disprezzo per i personaggi che rappresentano al posto del più consueto (per l’umorismo italiano) condiscendente amore a tutti i costi, I soliti idioti sarebbero inguardabili e soprattutto non farebbero mai ridere. Invece non è difficile apprezzare la maniera in cui Biggio e Mandelli trovano ogni volta modi di esagerare qualsiasi cosa, rimanendo lo stesso molto vicini ai modelli reali dei personaggi. Se alcuni come l’impiegata dello sportello pubblico mostrano un po’ gli anni che hanno, altri invece (come Patrick e Alexio) stupiscono per quanto ancora reggano e altri ancora (l’immortale Ruggero) sono semplicemente trovate di caratteri eterni il cui meccanismo è ripetibile tanto quanto quello di Tom e Jerry o Titti e Silvestro. Questo salva i singoli momenti ma non un film che manca di unità, manca di intenti e manca di un’idea generale che lo elevi sopra le singole gag e gli dia un senso. Probabilmente I soliti idioti 3 un senso non lo vuole avere, cosa che va molto bene per chi lo ha fatto e probabilmente per una parte degli spettatori, ma questo non significa che vada accettato.

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